sabato 7 luglio 2012

Il Vangelo della 14° Domenica del tempo ordinario

8 Luglio 2012.
Dal Vangelo secondo Marco (6,1-6) anno B.
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria
e i suoi discepoli lo seguirono.
Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella
sinagoga.
E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano:
«Da dove gli vengono queste cose?
E che sapienza è mai questa che gli è stata data?
E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
Non è costui il falegname, il figlio di Maria,

il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone?
E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria,

tra i suoi parenti e in casa sua».
E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani

a pochi ammalati e li guarì.
E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
Parola del Signore.
È tutto uno stupore il vangelo di oggi.
Lo stupore della gente di Nazareth che vede il piccolo Gesù tornato come
un Profeta dalla sua esperienza a Cafarnao, la città sul lago; lo stupore di
Gesù che si meraviglia della loro incredulità.
Uno stupore negativo, un dolore condiviso, un’incomprensione che si consuma
proprio in casa del Nazareno, proprio in mezzo ai suoi compagni di giochi.
Tra la folla divertita si trova gente che da Giuseppe, quel brav’uomo,
ha comprato un solido tavolo di cedro e che resta senza parola dalla pretesa
del figlio del falegname che, pur non avendo studiato in una scuola rabbinica
di Gerusalemme e, pur provenendo da una famiglia onesta, ma povera,
si è messo in testa di fare il Profeta.
Succede così anche a noi, vero?
Siamo scandalizzati dal fatto che la parola di Dio, la Parola di salvezza,
che converte e riempie, sia stata affidata alle fragili mani dei discepoli.
Vorrei parlarvi della fragilità, allora.
Della fragilità degli uomini di fede e dei nuovi profeti che sono gli uomini di Chiesa.
Una fragilità reale, documentata, un’infedeltà fin troppo evidente nel corso della
storia; tutti conosciamo, gli errori commessi da papi, vescovi e semplici cristiani.
Il ragionamento è semplice e disarmante; gli uomini di fede, spesso, non danno
una gran testimonianza di coerenza nella loro vita, non nella preghiera,
non nella tolleranza, non nella vita evangelica.
Quindi, si conclude, il vangelo è una montatura e chi ne parla un
presuntuoso in malafede, magari pure moralista.
Il ragionamento non fa una grinza, specie in questo tempo in cui si esige dagli
altri un’integra rettitudine morale, salvo essere pronti a giustificare sempre
se stessi davanti ai piccoli compromessi e alle piccole ruberie quotidiane.
Gesù, non viene accolto perché conosciuto, banale, normale, privo di quel
curriculum che dovrebbe accompagnare gli uomini religiosi.
Ecco, diciamolo chiaramente; Gesù è poco religioso per pretendere di parlare di Dio!
Non c’è nulla di più difficile di parlare di Gesù e dei cristiani, qui in occidente.
Tutti sanno già tutto, il prete parla di Dio perché è il suo mestiere e così il vangelo viene dato per scontato e, perciò, drammaticamente abbandonato.
I cristiani non sono perfetti e forse neanche più buoni degli altri
e forse nemmeno tanto coerenti.
Ma questo non basta a fermare la Parola, non basta a fermare il Cristo,
non sgambetta il contagioso annuncio della Parola.
Stupiti? Leggetevi il Vangelo; gli apostoli, ben lontani dal nostro modello di vita
e idealista di uomo di fede, vivono la loro pesantezza con realismo e tragicità.
Ma Gesù li ha scelti, perché sappiano comprendere le miserie degli altri,
accettando anzitutto le proprie.
La Chiesa, non è la comunità dei perfetti, dei giusti, dei puri,
ma dei riconciliati, dei figli.
Fatichiamo ad accettarlo, rischiamo di voler correggere il vangelo perché noi,
in fondo in fondo, siamo un po’ meglio della gente che critichiamo.
Sogno il sogno di Dio; una comunità di persone che si accolgono per ciò che sono,
che hanno il coraggio del proprio limite, che non hanno bisogno di umiliare
l’altro per sentirsi migliori.
Gesù è rifiutato, e con Lui è rifiutato il vangelo e la presenza di Dio;
troppo umano questo Messia, troppo pesante il suo passo,
banale il suo vivere, troppo povero, troppo fragile.
Talora anche noi siamo talmente attenti a sottolineare l’incoerenza dei discepoli
da non accogliere il vangelo, talmente scandalizzati dai presunti difetti degli altri
da non voler entrare a un altro livello di autenticità e vedere che l’essenziale
non è la coerenza costi quel che costi, ma la misericordia.
Così Israele, nella sua splendida e luminosa storia, ci parla di questi uomini
di Dio—i profeti—capaci di leggere il presente, non di indovinare il futuro,
e di richiamare a Dio la realtà.
Ma il destino dei profeti, lo stesso Gesù lo sperimenta, è di essere ignorati
in vita e celebrati da morti.
Ancora intorno a noi uomini e donne profetizzano, leggono la realtà, ci richiamano all’essenziale, innalzano la loro voce nel deserto mediatico che ci circonda.
Ascoltiamo da vivi i profeti, non da morti.
Riconosciamo i profeti, diventiamo profeti, lasciamo che la Parola ci
aiuti a leggere questi tempi e raccontiamolo; questo vangelo.
Nonostante la nostra fragilità.
Santa Domenica con la Parola del Signore Gesù, da Fausto.




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