lunedì 30 settembre 2013

Il Vangelo del Martedì 1 Ottobre 2013

Dal Vangelo secondo Luca  (9,51-56) anno C.
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato
in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso
Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani
per preparargli l'ingresso.
Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino
verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore,
vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».
Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Parola del Signore.
Quello che gli apostoli non hanno ancora capito è che la salvezza non
è qualcosa che si possa imporre; essa è dono gratuito, ma non si può
convincere nessuno ad accettarla con la forza.
Soprattutto nel momento in cui Gesù inizia la sua salita verso la città
nella quale il suo destino si compirà, questa proposta dei fratelli
apostoli è davvero fuori luogo; l’amore di Dio è un dono,
ma si deve aprire il cuore con la propria libertà.
Quante volte anche noi vorremmo che tanti nostri parenti e
conoscenti si aprissero al dono gratuito dell’amore di Dio; però,
insistendo, non facciamo altro che diventare inopportuni, per cui
anche il sublime messaggio del Vangelo viene vanificato.
Impariamo a rispettare i tempi degli altri, anche se essi ci sembrano lunghi.
Apriamo il cuore liberamente per ricevere il messaggio del Vangelo,
poi doniamolo a chi ci sta accanto senza forzature,
aiutandoci con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come                                                  
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,                                                       
ma liberaci dal male. Amen.                                                                                                                          
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.                                                                                             
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.



venerdì 20 settembre 2013

Il Vangelo del Sabato 21 Settembre2013

Dal Vangelo secondo Matteo (9,9-13)
In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo,
seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi».
Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani
e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro
maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico,
ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non
sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.
Matteo non ci dice se quello era il primo incontro tra lui e Gesù.
Non sappiamo se egli avesse già ascoltato prima la sua Parola,
o se avesse assistito a qualche miracolo fatto dal Maestro.
Però, il dato certo è che egli si alzò e lo seguì senza nessuna esitazione.
Non ci fu in lui nessuna incertezza o dubbio; l’invito del Maestro era una
chiamata personale, e lui non voleva perdere l’occasione della sua vita.
Ci sono momenti nella vita, nei quali si capisce con grande chiarezza che Dio
sta passando per le nostre strade e senza alcun dubbio chiama anche noi.
Certamente ci vuole grande coraggio per fare ciò che fece Matteo,
però in quel momento si capisce che, se non si accoglierà quell’invito misterioso,
si resterà per tutta la vita insoddisfatti.
Attenzione allora, alle chiamate, specialmente a quelle del Signore,
non chiediamoci tante cose, ma rispondiamo subito si e seguiamolo,
e per capire quali sono, preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come                                                  
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,                                                       
ma liberaci dal male. Amen.                                                                                                                          
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.                                                                                             
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.


mercoledì 18 settembre 2013

Il Vangelo del Giovedì 19 Settembre 2013

Dal Vangelo secondo Luca (7,36-50) anno C.
In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui.
Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.
Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si
trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro,
presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime,
poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse
un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna
che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa».
Ed egli rispose: «Di' pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori:
uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.
Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due.
Chi di loro dunque lo amerà di più?».
Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più».
Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna?
Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece
mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.
Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato,
non ha cessato di baciarmi i piedi.
Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo.
Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato.
Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati».
Allora i commensali cominciarono a dire tra sé:«Chi è costui che perdona
anche i peccati?».
a egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».
Parola del Signore.
Questo brano ci insegna una grande lezione di vita.
Il fatto di essere molto familiari del sacro e della religione non significa
avere automaticamente un cuore misericordioso.
Gesù dimostra che persino una prostituta può insegnare ad un maestro
della legge, nel momento in cui ella dimostra il suo amore per Lui e
comprende il dono che Gesù le fa concedendole il suo perdono.
In effetti Simone il fariseo attesta, in questo brano, di aver perso una grande
occasione; egli ha ospitato il Signore nella sua casa, ma non gli ha offerto
la sua amicizia ed il suo amore.
Egli lo ha trattato come un estraneo e come uno da giudicare nel suo cuore.
Questo certamente la dice lunga sul suo rapporto con Dio.
È un rapporto formale e perciò freddo.
Amiamo veramente con il cuore il Signore, apriamolo perché il Signore vi entri,
aiutandoci con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come                                                  
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,                                                       
ma liberaci dal male. Amen.                                                                                                                          
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.                                                                                             
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.


martedì 17 settembre 2013

Il Vangelo del Mercoledì 18 Settembre 2013

Dal Vangelo secondo Luca (7,31-35) anno C.
In quel tempo, il Signore disse: "A chi posso paragonare la gente di
questa generazione? A chi è simile?
È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri
così: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo
cantato un lamento e non avete pianto!".
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino,
e voi dite: "È indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve,
e voi dite: "Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!".
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli".
Parola del Signore.
È un giudizio duro su quella generazione che non comprendeva nè il Battista Né Lui.
E più avanti ancora Gesù accuserà: “O generazione incredula e perversa,
fino a quando sarò con voi e vi sopporterò?” (9,11).
Anche Pietro, uscendo dal Cenacolo nel giorno di Pentecoste, disse a coloro
che lo ascoltavano: “Salvatevi da questa generazione perversa” (Atti 2,40).
Non si tratta di una presa di posizione pessimistica da parte di Gesù e di Pietro,
quanto di riconoscere la cecità che ogni generazione ha nel riconoscere 
i “segni dei tempi”, ossia i segni di Dio e della salvezza che
sono scritti nella storia umana.
In genere siamo tutti talmente presi da noi stessi e dal nostro egocentrismo
che non riusciamo a vedere null’altro oltre quel che ci riguarda.
È emblematico quanto dice Gesù; Giovanni, che fa penitenza, è accusato
di avere un demonio, e Lui che mangia e beve di essere un mangione.
In verità tanto spesso cadiamo tutti in atteggiamenti irritati o piagnoni
perché vogliamo difendere ad ogni costo noi stessi.
Comprendiamo quello che ci dice Gesù e lasciamo perdere tutte le nostre
false idee, aiutandoci con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come                                                  
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,                                                        
ma liberaci dal male. Amen.                                                                                                                          
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.                                                                                              
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.



lunedì 16 settembre 2013

Il Vangelo del Martedì 17 Settembre 2013

Dal Vangelo secondo Luca (7,11-17) anno C.
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain e con lui camminavano
i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città,
ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre
rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione
per lei e le disse: «Non piangere!».
Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono.
Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare.
Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande
profeta è sorto tra noi»,e: «Dio ha visitato il suo popolo».
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea
e in tutta la regione circostante.
Parola del Signore.
Un giovane è morto. È figlio unico di madre vedova.
Ogni filo di speranza appare definitivamente spezzato.
Nulla è più possibile né per quel figlio né per la madre, se non seppellire
l’uno e accompagnare l’altra consolandola per il dolore.
Tuttavia, quel che è impossibile agli uomini è possibile a Dio.
Gesù, vedendo quel corteo funebre, si commuove per quella vedova
che accompagnava al cimitero il suo unico figlio.
Le si avvicina e le dice di non piangere, poi prende per mano il giovane
e gli dice: “Giovinetto, dico a te, alzati!”.
E quel giovane si alza e si mette a parlare.
Non aveva detto il centurione: “Di”, soltanto una parola e il mio servo sarà guarito?”.
La parola evangelica è sempre efficace se ascolta con il cuore.
Essa fa risuscitare la vita, ridona energia a chi l’ha persa, dona un cuore
nuovo a chi l’ha di pietra, dona fratelli e sorelle a chi è solo.
Sono tanti i giovani che, oggi, vivono senza speranza per il loro futuro,
i quali tuttavia attendono qualcuno che dica loro: “Giovane, dico a te, alzati!”.
Il Vangelo ci aiuta a sperare e ad operare per loro.
Non dobbiamo mai perdere la speranza, quando meno ce lo aspettiamo, arriva Gesù ci
allunga la mano e ci dice: “Alzati”, perciò aiutiamoci con la preghiera per riconoscerlo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come                                                   
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,                                                       
ma liberaci dal male. Amen.                                                                                                                           
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.                                                                                             
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.


domenica 15 settembre 2013

Il Vangelo del Lunedì 16 Settembre 2013

Dal Vangelo secondo Luca (7,1-10) anno C.
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue
parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafarnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire.
Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù,
gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.
Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu
gli conceda quello che chiede - dicevano -, perché ama il nostro popolo
ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro.
Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò
alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti!
Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso
non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio
servo sarà guarito.
Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto
di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene;
e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa».
All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva,
disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!».
E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Parola del Signore.
Il centurione è abituato ad una vita essenzialmente pratica; egli non
è capace di darsi a speculazioni astratte e teoriche.
Perciò, anche l’atto di fede che egli fa nella persona di Gesù è molto concreta.
Non c’è bisogno che Egli faccia chissà quali gesti o dica chissà quali parole
misteriose; il centurione si fida di lui a tal punto che una sua parola basterà
a comandare alla malattia del suo servo di farlo guarire.
Come sarebbe bello che anche noi avessimo una fede come questa; significa credere
senza troppi fronzoli, semplicemente, ma con tanta fiducia nella potenza di Dio.
Una fede come questa riesce a strappare da Dio le più grandi grazie, poiché Egli non
sa resistere a coloro che si fidano ciecamente di Lui, senza porgli condizione alcuna.
Che dire, forte questo centurione, aveva capito tante cose su Dio, impariamo
da lui e fidiamoci ciecamente di Dio aiutandoci con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come                                                  
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,                                                       
ma liberaci dal male. Amen.                                                                                                                           
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.                                                                                             

Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

sabato 14 settembre 2013

Il Vangelo della 24° Domenica del Tempo Ordinario.

Dal Vangelo secondo Luca (15,1-32) anno C.
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie
i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una,
non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta,
finché non la trova?
Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa,
chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato
la mia pecora, quella che si era perduta".
Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte,
più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la
lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova?
E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me,
perché ho trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico,
vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al
padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise
tra loro le sue sostanze.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per
un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia
ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione,
che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci.
Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci;
ma nessuno gli dava nulla.
Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane
in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo
e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.
Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione,
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre,
ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere
chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito
più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi.
Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto
ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi.
Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò
uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo.
Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il
vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo".
Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo.
Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai
disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto
per far festa con i miei amici.
Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue
sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso".
Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto
ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"».
Parola del Signore.
Facciamoci bene i conti in tasca, Gesù pretende di essere più grande della
più grande e intensa gioia che umanamente siamo in grado di provare.
Così, per il discepolo che, ascoltando l’immensa sete di infinito che pulsa nel cuore,
Gesù propone un cammino verso una scoperta inattesa; il vero volto di Dio.
Magari qualcuno di voi può dire, io Dio lo conosco e lo servo da sempre,
fin dall’infanzia.
Bene, anzi benissimo, ma ciò che ai discepoli è chiesto, per non cadere nel sonno,
per non sentirsi salvati, è confrontarsi incessantemente con la Parola.
Non una parola qualsiasi. Ma la Parola.
Tutti abbiamo un’idea di Dio, per credergli o per rifiutarlo.
Abbiamo una connaturale, spontanea, inconscia idea di Dio, una specie di
religiosità connaturale nel nostro inconscio. Ma non è sufficiente, anzi.
Mediamente, l’idea di Dio che abbiamo è approssimativa,
e neppure troppo simpatica.
Dio esiste, certo, per carità, è anche potente, ma incomprensibile
nelle sue discutibili scelte.
Non abbiamo mai pensato di fronte all’idiozia degli uomini, che noi
avremmo fatto meglio nel governare il mondo?
Che Dio dovrebbe almeno fermare le guerre?
Che quella madre di famiglia divorata dal cancro è un torto macroscopico divino?
Quest’idea di Dio è da lasciare illuminare dalla rivelazione di Gesù.
Gesù e il Padre sono una cosa sola, Gesù non è un uomo con un’immensa
sensibilità spirituale, no.
Noi crediamo fermamente che Egli è la presenza stessa di Dio.
Luca, dei quattro evangelisti, è quello che maggiormente ha dovuto fare questo salto.
Lui, greco di Antiochia, era abituato a una religiosità legata a dèi capricciosi
e simili in tutto a noi uomini.
Quale tuffo al cuore deve avere provato Luca quando ha sentito quel tale
di Tarso parlare di Dio in maniera del tutto nuova!
Dio, diceva Paolo, è un Padre pieno di ogni tenerezza, (ascoltiamo Papa Francesco
anche adesso), lontano anni luce dalle nostre fobie e dai nostri timori.
Luca aveva creduto nel Dio di Paolo, aveva ricevuto il battesimo e la vita nuova
seguendo il Maestro Gesù, l’ebreo.
Poi, dopo molti viaggi, dopo molta gioia, dopo una vita passata a informarsi,
ci restituisce, come tre perle preziose, la sintesi del volto di Dio nelle
straordinarie parabole che abbiamo ascoltato.
Dio è misericordia, dice Luca; Dio è misericordia, anticipa il suo maestro
Paolo nella seconda lettura.
Ma allora perché continuiamo a pensare a Dio come a un vigile, a un giudice,
a un severo preside?
Perché ci ostiniamo a tenerlo ben lontano dalle nostre vite relegandolo
nelle chiese e nei ritagli di tempo che dedichiamo alla religione?
Troppo spesso la nostra triste fede pensa alla vita in Cristo come a un pegno
da pagare all’onnipotenza di Dio, non come a un incontro di pienezza e di festa.
Dobbiamo convertirci alla tenerezza di Dio, occorre osare e pensare
ciò che Lui è venuto a testimoniarci.
Le parabole ascoltate gettano una spallata definitiva alla nostra mediocre
visione di Dio per spalancare la nostra fede alla dimensione del cuore di Dio.
Convertirsi significa passare dalla nostra prospettiva a quella inaudita
di Dio e questo significa fare come Lui.
Noi diciamo: “Ti amo perché sei amabile, te lo meriti, perché sei buono”.
Dio dice: “Ti amo con ostinazione e senza scoraggiarmi perché so
che il mio amore ti renderà buono”.
C’è una bella differenza!
In fondo in fondo costruiamo una vita di fede orientata intorno ai nostri meriti.
Nessuno si merita l’amore di Dio.
Il suo amore è assolutamente gratuito, libero, pieno.
Dio non ci ama perché siamo buoni, ma amandoci senza misura
ci rende buoni, aprendoci alla speranza.
La cura meticolosa con cui il pastore insegue la pecora lontana è il segno
di questo amore di Dio per chi sperimenta di essersi “perso”.
L’esperienza del peccato, che è come un “perdersi”, diventa occasione per un incontro
più duraturo e autentico con questo Dio che ci perseguita con il suo amore.
Ben lontano dall’avere una visione poetica o approssimativa del peccato,
Luca sa che la sofferenza interiore che suscita il peccato, lo smarrimento,
la lontananza da Dio e da se stessi, possono trasformarsi in un incontro che salva,
che ci aiuta a ripartire con maggiore autenticità e coraggio.
La nostra fede non si fonda sulle nostre capacità, sulle nostre devozioni,
sui nostri sforzi, ma sull’ostinazione di un Dio che ci insegue.
Prendere coscienza di questo significa aprirsi alla festa, partecipare, come la
donna che ritrova la moneta perduta, alla festa che Dio fa per chi si lascia incontrare.
I giusti, quelli che si sentono a posto, col “notes” dei meriti completo, non potranno
mai purtroppo, sperimentare la gioia di essere caricati sulle spalle del Pastore.
Come il figlio maggiore della parabola del figliol prodigo “non entrano” in
questa prospettiva, in questa mentalità.
Chiusi nelle loro poche certezze, non possono allargare il cuore nella gioia del Padre.
Quando, finalmente, le nostre comunità capiranno il vangelo della misericordia e,
con semplicità, lo faranno diventare metro di giudizio del loro agire,
la Chiesa tornerà a diventare faro che illumina il cammino degli uomini.
Che il Dio della misericordia e della tenerezza, ci aiuti.

Santa Domenica, Fausto.