sabato 8 giugno 2013

Il Vangelo della 10° Domenica del Tempo Ordinario

Prima Lettura: 1 Re 17, 17-24
Dal primo libro dei Re.
In quei giorni, il figlio [della vedova di Zarepta] si ammalò.
La sua malattia era molto grave, tanto che rimase senza respiro.
Essa allora disse a Elìa: «Che c'è fra me e te, o uomo di Dio?
Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia iniquità e per uccidermi il figlio?».
Elia le disse: «Dammi tuo figlio».
Glielo prese dal seno, lo portò al piano di sopra, dove abitava, e lo stese sul letto.
Quindi invocò il Signore: «Signore mio Dio, forse farai del male a questa vedova
che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino
e invocò il Signore: «Signore Dio mio, l'anima del fanciullo torni nel suo corpo».
Il Signore ascoltò il grido di Elìa; l'anima del bambino tornò nel suo corpo
e quegli riprese a vivere. Elìa prese il bambino, lo portò al piano terreno
e lo consegnò alla madre. Elìa disse: «Guarda! Tuo figlio vive».
La donna disse a Elìa: «Ora so che tu sei uomo di Dio e che la vera
paro la del Signore è sulla tua bocca».

Dal Vangelo secondo Luca (7,11-17) anno C.
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano
la strada con lui i discepoli e grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro
un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!».
E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono.
Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!».
Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande
profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo».
La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.
Parola del Signore.
Siamo tutti stranieri rispetto a Dio, siamo tutti cittadini, grazie a Dio.
I confini li creiamo noi, ci spartiamo le nazioni come bottino di guerra,
mettiamo sui piatti della bilancia i rapporti di forza della politica e
dell’economia per acquisire potere, gettiamo fumo negli occhi per nascondere
le scomode verità (sapete che i tre uomini più ricchi d’America possiede
più del prodotto interno lordo della somma dei sei paesi più poveri del mondo?),
creiamo un clima di diffidenza verso il diverso, lo straniero, scordando
che tutti siamo stranieri e che la terra è di Dio e di nessun altro.
La Parola, ancora, ci aiuta a riflettere sullo straniero, con gli episodi della vedova
di Zarepta nella prima lettura e la straziante scena del funerale
del figlio unico della vedova di Nain.
La scena della prima lettura è ambientata quasi mille anni prima di Cristo.
Il grande profeta Elia è dovuto fuggire; ha dato troppo fastidio al re d’Israele e,
soprattutto, alla sua capricciosa consorte, la pagana Gezabele.
Arrivato a Zarepta, incontra una vedova che lo accoglie, lui, straniero,
condividendo quel pochissimo che possiede.
L’accoglienza del profeta sarà per lei una benedizione senza fine;
non finirà l’olio nell’orcio né la farina.
Ora, però, la vedova vede il proprio figlio ammalarsi e morire.
Disperata, straziata dal dolore, vede le sue opere di bene svanire nel nulla; l’uomo giusto
non viene risparmiato dal dolore…Elia prende il bambino ,orto e prega (urla) verso Dio.
Fa quasi tenerezza la forza con cui Elia prende le difese della donna scuotendo Dio.
Dio, timidamente, lo esaudisce.
Il figlio della vedova rivive.
Straniero o no, credente o no, l’uomo sperimenta che il dolore accomuna tutti,
azzera le differenze, avvicina all’essenziale.
Ci ricordassimo del dolore, quando ci sbraniamo in ufficio, sul lavoro,
nelle comunità e nelle parrocchie!
Facessimo memoria della sofferenza che tutti ci accomuna e che tutti colpisce,
quando siamo travolti da delirio di onnipotenza!
Siamo tutti mendicanti di senso, bisognosi di una carezza, di un abbraccio sincero.
Tutti cercatori, tutti accomunati dalla stessa incontenibile necessità di felicità.
Ma, davanti al tragico mistero della morte le differenze si annullano e tutto torna chiaro.
Se la morte e il dolore ci accomunano, la speranza e la fede ci rendono
membri di una nuova famiglia, ci fanno portatori di una nuova logica.
Gesù ci svela il volto di un Dio che non ci evita il dolore,
ma che lo porta con sé, lo assume e lo redime.
Dio non ha voluto darci una risposta al dolore, ma lo ha condiviso e redento,
riempiendolo di luce.
No, non abbiamo facili soluzioni né scorciatoie.
Ai discepoli il dolore non viene evitato.
La Parola, oggi, ci indica il percorso della condivisione del dolore, del portare
insieme il peso della ricerca come percorso di superamento del dolore,
come fece Maria, come lo possiamo anche noi, aiutandoci e sostenendoci a vicenda.

Santa Domenica, Fausto.  

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