domenica 21 aprile 2013

Il Vangelo della 4° Domenica di Pasqua.


Dal Vangelo secondo Giovanni (10,27-30) anno C.
In quel tempo, Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia
voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute

e nessuno le rapirà dalla mia mano.
Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno

può rapirle dalla mano del Padre mio.
Io e il Padre siamo una cosa sola”.

Parola del Signore.
Cari amici, non è facile convertirsi alla gioia.
D’altronde, scusate, se hanno tribolato gli apostoli
possiamo tribolare anche noi, o no?
Convertirsi alla gioia significa smettere di cercare un crocifisso,
uno che è morto in mezzo ai vivi, significa uscire dal dolore, non restare
parcheggiati al venerdì santo come molti di noi ancora fanno.
La gioia cristiana è una tristezza superata, e non c’è che un modo
per superare il dolore; non amarlo.
Tommaso resta sconvolto dal vedere il “suo” Gesù che è oltre, altrove,
Pietro e gli altri riprendono il largo e pescano, malgrado la tristezza
che oscura il loro fragile cuore.
È, oggi, un’altra ragione per gioire, il motivo per continuare nel lungo cammino
della conversione alla gioia, ce la suggerisce Gesù, con passione e trasporto;
nessuno ci rapirà dalla mano del Padre, siamo nel palmo della mano di Dio.
Isaia dice che Dio scrive il nostro nome sul palmo della mano.
Siamo nel palmo della mano di Dio, amici.
Non è rancido spiritualismo, ma sconcertante verità, promessa realizzata,
ascoltiamo la Parola che il Maestro ci dice.
Sia chiaro, amici; al discepolo non è risparmiata la sofferenza,
la vita non è semplificata né accorciata.
La vita è semplicemente illuminata, trasfigurata, diversa.
Altro è sbattersi tutta la vita chiedendosi qual è la misteriosa
ragione del nostro passaggio in questa valle di lacrime.
Altro scoprire che siamo inseriti nell’immenso progetto di amore
che Dio ha sull’umanità.
E di cui possiamo far parte.
Qual è il nostro destino, amici?
Abbiamo scoperto qual è il tesoro nascosto nel nostro campo?
Abbiamo capito per quale ragione siamo stati tratti all’esistenza?
Spero di sì, e che questo sogno sia lo stesso che Dio ha su ciascuno di noi.
Allora potremo essere davvero in cammino, sulla nostra strada.
Non importa se diventeremo un premio Nobel o il sommo manager
dell’universo o chissà che.
Scoprendoci nel cuore di Dio, nel suo pensiero, nella sua mano,
smetteremo di restare ripiegati sulle nostre piccole paure, finiremo
con il dimenticare le nostre fragili frustrazioni per amare.
Scoprire qual è il progetto che Dio ha su ciascuno di noi, significa scoprire la
propria vocazione, la propria chiamata all’amore.
Il Signore chiama, ha bisogno di uomini e donne che si dedichino
in maniera particolare, all’annuncio del Vangelo radunando le comunità
attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia e donando a piene
mani il perdono e la tenerezza di Dio.
Quanto cammino ancora dobbiamo fare per arrivare a questo traguardo!
Gesù cerca matti disposti a seguirlo; lavoro assicurato, tanta fatica e la gioia,
inaudita, di vedere Dio che passa e stravolge i cuori.
Santa Domenica Fausto.   

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