sabato 22 dicembre 2012

Il Vangelo della 4° Domenica del Tempo di Avvento

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso
la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria,

il bambino le sussultò nel grembo.
Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò
a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo!
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi,

il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».

Parola del Signore.
La gioia, dicevamo domenica scorsa, è nella quotidianità vissuta alla presenza
di un Dio che si è fatto vicino, è la possibilità di vivere
(e sopravvivere) al natale—melassa che sta in agguato.
È il motivo dominante della mia riflessione, quest’anno,
nella consapevolezza sconcertante, tragica, che duemila e rotti anni
di cristianesimo non hanno scalfito la tristezza di quanti vivono
il Natale come il peggior giorno dell’anno. 
E tra le luci e le copertine patinate c’è la solita retorica: “È Natale, sii felice”.
Bene, grazie. Perché mai dovrei essere felice?
Per quale dannato motivo devo essere felice se non ho nulla di ciò
che mi serve per celebrare il Natale come appare nello spot in tivù?
Molti, il ventiquattro, non faranno il cenone; per molti (troppi!) questa festa
non farà che aumentare la sofferenza, molti la passeranno da soli o con persone
che non amano o scontenti della loro piccola vita…perché cavolo
dovrebbero essere felici nel vedere ciò che essi non possiedono.
Il natale tarocco propone tutti questi valori; pace del cuore, gioia, serenità,
bontà; ma non spiega come ottenerli, si limita a venderli.
Dice: “Se fai così, se ti adegui a questo standard sarai felice”.
Natale vero dice quasi la stessa cosa.
Ricordate cosa diceva Paolo domenica scorsa? “Tu sei la gioia di Dio”.
Oggi, a pochi giorni dal Natale, torna lo stesso tema, se possibile ancora più intenso.
Leggiamo l’incontro fra le due donne nel Vangelo;
è tutto un sussulto, un complimento, Giovanni Battista che riconosce
il Messia dal grembo e scalcia; Elisabetta, anziana donna che vede
imprevedibilmente realizzato il suo sospirato sogno di maternità,
fa i complimenti alla piccola Maria.
Maria, ancora scossa da quanto le è successo,
comincia a ballare e a fare i complimenti a Dio che la salva.
Si sente la tensione, lo stupore, l’inaudito che si realizza.
È vero allora, Dio ha scelto di venire, Dio si rende presente, il Dio d’Israele è qui.
Non sono solo le promesse del vecchio rabbino di Nazareth che sospirava,
ogni sabato in sinagoga, seguendo con il dito la vecchia pergamena del rotolo di Isaia.
È vero , è tutto vero, Dio viene finalmente.
E le due donne urlano, cantano, danzano e piangono nell’assolato
cortile di casa della vecchia Elisabetta.
E quello splendido pancione col bimbo che scalcia è la presenza
del profeta che indica il Messia.
E tutto accade, accade come il più inatteso e improbabile dei sogni che
si realizza, come se la storia, la vita e l’universo danzassero nel vedere
queste donne cantare l’assoluta follia di Dio.
E questo scatena la gioia, contagia e stupisce…!
Stupisce soprattutto vedere Maria ed Elisabetta, che non si aspettavano
di essere le prescelte, loro così decisamente fuori dai canoni dell’altronatale.
Povere entrambe, nate in un tempo senza cellulari e vacanze,
senza possibilità di finire sulle copertine dei rotocalchi,
senza superstipendi da manager, Maria ed Elisabetta rappresentano
l’assoluta mediocrità, la totale normalità, proprio quella che noi rifiutiamo
continuamente cercando di uscire dal pantano dell’anonimato.
Ecco, questa sì che è una buona notizia; possiamo essere felici anche
se poveri e sfortunati, possiamo realizzare la nostra vita anche
se abitiamo in un paese arido e senza poesia, possiamo essere
ricolmi più di un re perché ascoltiamo la Parola che Dio ci vuole dare.
Dio viene per colmare il nostro cuore; questa è una buona notizia.
Se vi dicessi; hai una vita riuscita, un lavoro che ti realizza e che ti dà vagonate
di soldi, una casa da sogno, una splendida moglie, figli educati e sensibili,
il salone di casa con l’albero addobbato le luci e il clima di festa giusto,
perciò sii felice, cosa vi direi di straordinario?
Che buona notizia sarebbe?
Un Dio che dona pace elle persone già felici, che buona notizia è?
La notizia inaudita è proprio che la felicità è altrove,
è la salvezza di un Dio che ci ama talmente da consegnarsi,
come un neonato, è una felicità accessibile anche al povero,
anzi forse più ancora al povero perché più disposto, più accogliente.
La buona notizia è che Dio è accessibile, è semplice, è diverso.
Diverso dalle nostre paure, diverso dai fantasmi che ci perseguitano.
E Maria ed Elisabetta ora lo sanno e cantano, dicono, raccontano.
Raccontano l’opera di Dio, la leggono scolpita nella storia degli uomini,
la rintracciano nelle pieghe della fedeltà di un popolo di salvati—Israele—cui
noi e l’umanità dobbiamo moltissimo.
La loro gioia dilaga perché ora vedono chiaro, luminoso, evidente, da mozzafiato
il pensiero di Dio disegnarsi nella loro piccola storia, usarle e coinvolgerle.
La gioia è la dimensione essenziale del Natale.
La gioia del sentirsi ed essere veramente salvati da Dio.
Siamo veramente nel cuore e nel desiderio di Dio!
Un suggerimento, amici; regaliamoci, in questo Natale,
dieci minuti d’orologio per fermarci e aprire lo sguardo—finalmente!—su
ciò che Dio sta compiendo nella storia, nella nostra storia.
Animo amici, arrivano buone notizie!
Santa Domenica, aspettando buone notizie, Fausto.

 

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