Nell'anno decimoquinto dell'impero
di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato
era governatore della Giudea,
Erode tetrarca della Galilea, e Filippo,
suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della
Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène,
sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa,
la parola di Dio scese su Giovanni, figlio
di Zaccaria, nel deserto.
Ed egli percorse tutta la regione del Giordano,
predicando un battesimo di conversione per il
perdono dei peccati,
com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la
via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Parola del Signore.
Sopravvivere al Natale dicevamo.
Facile a dirsi, meno a farsi, travolti come siamo dalle cose che incombono,
dalle scadenze, dal tempo che non è mai sufficiente per vivere;
ma ci è urgente, necessario e vitale, provare a vivere questo
Natale con verità, disfarci o rendere innocuo il natale tarocco
per far diventare la nostra vita una piccola Betlemme,
non per giocare al bambinello che nasce nella grotta,
ma per accendere la luce disarmante di Dio nel nostro cuore.
Lo zucchero e la melassa che hanno reso Natale insopportabile
sono, in realtà, un modo per fuggire l’orribile senso di colpa
che ha colpito l’umanità dopo avere rifiutato Dio.
Non è andata molto bene, la prima volta, con questo Dio che
è venuto in mezzo a noi e noi distratti a lamentarci della sua assenza…
Non c’è molto da festeggiare, facendo memoria del Natale, si
tratta invece, di cogliere l’ammonimento a non perderci Dio. Di nuovo.
Natale svela in modo definitivo il vero volto di Dio,
così diverso dal volto corrucciato che ci raffiguriamo, così diverso
dal Dio dell’abitudine che riempie le nostre sbiadite comunità.
Natale è Dio che, stanco di essere male interpretato,
decide di avere uno sguardo e un volto per potersi spiegare,
raccontare e ci pone dinanzi all’evidenza disarmante della sua intimità.
Dio non è come ce lo immaginavamo, né distante né
severo né manipolabile né incomprensibile.
Dio si fa povero per amarci.
Dio viene, Lui prende l’iniziativa, a noi di accorgercene,
di esserci, di lasciarci consolare.
Natale è la consolazione di Dio agli uomini, la nascita
della speranza che Dio, almeno Lui, non si dimentica.
Non si dimentica, ci dona del tempo perché possiamo capire e cambiare.
Capire e cambiare, perché Dio ci lascia immensamente
liberi nella scelta, sempre.
Il vero volto di Dio è un Dio che interviene con discrezione,
che ci chiede di accoglierlo, di cambiare idea su di Lui e su di noi,
con calma, diventando, noi discepoli, i testimoni del suo vero volto.
La logica di Dio si manifesta nel vangelo di oggi.
Notiamo con quanta pomposità, con quanto puntiglio Luca descrive,
da storico quale è, la situazione politica del suo tempo.
È tutto un susseguirsi di titoli altisonanti: “imperatore”, “governatore”,
“tetrarca”…e invece Dio sceglie un rozzo Giovanni nel deserto
per manifestare la sua Parola.
Non sa che farsene della potenza, dell’orgoglio delle nazioni.
È nel deserto che Giovanni si scontra con la Parola.
Nel deserto del silenzio e della spogliazione, nel deserto della sofferenza
e della solitudine possiamo, paradossalmente, ritrovare la Parola.
L’Avvento è una Parola che scende, una Parola diversa da tutte le altre parole.
L’iniziativa è sempre di Dio, è Lui che ci viene incontro,
è Lui che si fa trovare, è Lui che si svela.
Ma, sembra dirci Giovanni, per accogliere questa Parola che viene,
questo Dio misterioso, occorre spianare la strada, aprire
un sentiero dentro il nostro delirio quotidiano.
È Dio che prende l’iniziativa.
Basta con una fede fatta di cose da fare o non fare.
Ma occorre che questo Dio possa incontrarci.
Quanti credenti, si lamentano del fatto che Dio è lontano e assente,
salvo poi non dare nessuna opportunità a Dio per farsi incontrare!
La Scrittura è realista; Dio c’è, lavora, opera, si svela.
E l’uomo? C’è? Dov’è?
Ecco allora un programma concreto di lavori in corso;
raddrizzare i sentieri, riempire i burroni, spianare le montagne.
Raddrizzare i sentieri; un pensiero semplice, lineare, senza troppi giri di testa.
La fede è esperienza personale che nasce nella fiducia, che diventa abbandono.
La fede va interrogata, nutrita, è leggibile e ragionevole.
Ma ad un certo punto diventa salto,
ragionevole salto tra le braccia di questo Dio.
Abbiamo bisogno di pensieri veri nella nostra vita,
di pensieri positivi e buoni per poter accogliere la luce.
Riempire i burroni delle nostre fragilità.
Tutti noi portiamo nel cuore dei crateri più o meno grandi,
più o meno insidiosi, delle fatiche più o meno superate.
Occorre stare attenti a non lasciarsi travolgere dalle
nostre fragilità o, peggio, mascherarle.
Ognuno di noi porta delle tenebre nel cuore; l’importante è che
non ci parlino, l’importante è non dar loro retta.
Spianare le montagne.
In un mondo basato sull’immagine, conta più l’apparenza della sostanza,
bene le varie palestre per curare il corpo, vanno molto di moda.
È bene anche curare il proprio modo di vestire, certo.
Ma occorre anche aprire qualche palestra di “spirit-building”,
qualche estetista del cuore e dell’anima!
Ai grandi titoli di Erode e Ponzio Pilato e di Cesare Augusto si
contrappone la voce e la nudità dell’anticonformista Giovanni.
Erode il grande è ricordato solo grazie a quel bambino che vorrà
togliere di mezzo!
Così va la storia quando è Dio a guidarla.
Essenzialità, verità, desiderio; questi gli strumenti
per trovare un sentiero verso Dio.
E questo già ci procura gioia, l’attesa già ci scuote dentro,
ci apre lo stupore…gioia immensa per un incontro.
Allora, amici resistenti, carbonari dello spirito, discepoli del Rabbì,
su di noi piccoli, fragili e dispersi, Dio fa scendere la sua Parola.
Alziamo lo sguardo, per favore.
Animo, mano ai badili spirituali e ai picconi interiori;
c’è da fare in settimana.
Santa Domenica di Avvento, Fausto.
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