Dal Vangelo secondo Matteo (25,14-30) anno
B.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli
questa parabola:
“Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio,
chiamò i suoi servi e consegnò loro
i suoi beni.
A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno,
a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito
a impiegarli e ne guadagnò
altri cinque.
Così anche quello che ne aveva ricevuti due,
ne guadagnò altri due.
Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare
una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò,
e volle regolare i conti con
loro.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti,
ne presentò altri cinque, dicendo:
Signore,
mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.
Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel
poco,
ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore,
mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.
Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco,
ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che
sei
un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai
sparso;
per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.
Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto
dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto
affidare
il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio
con l'interesse.
Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non
ha sarà tolto anche quello che ha.
E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore
di denti.
Parola del Signore.
Il regno dei cieli è come un padrone che affida ai servi i suoi beni,
cinque talenti al primo,
due al secondo e uno al terzo (per capire, il talento
equivaleva allora a 6.000 denari).
Tra la partenza e il ritorno del padrone i servi devono amministrare
questi talenti.
Non ne sono i padroni, ma gli amministratori.
È chiesto loro non di conservare, ma di far fruttare.
Potremmo dire che questa parabola va oltre quella del servo fedele.
Non basta portare a termine un compito ben determinato, è necessario
industriarsi
perché il capitale venga aumentato. Il primo servo, ricevuti i
cinque talenti,
inizia a lavorare e raddoppia il capitale “trafficandolo”.
Altrettanto fa il secondo con i due talenti.
Il terzo, al contrario, fa una buca1 nel terreno e vi nasconde l’unico
talento che ha ricevuto.
Quel talento, o quei talenti, sono la vita; la quale è affidata
alla
nostra responsabilità perché porti frutto.
È data “a ciascuno secondo le proprie capacità”.
Nessuno è incapace di viverla e di “farla fruttare”; nessuno può
avanzare
scuse circa l’incapacità di spendere la propria vita.
È frequente farla fruttare solo per se stessi; o impiegarla solo per il
proprio interesse.
Il terzo servo ha fatto proprio questo; nascondere la vita nella buca
dell’egocentrismo.
La paura che dice di avere verso il padrone maschera in verità il
timore
di perdere la propria tranquillità.
Gesù svela questa ambiguità.
A lui, come a noi, non mancano i talenti, semmai manca la fiducia
nell’amore del Signore che moltiplica anche la nostra modestia.
Facciamo fruttare i talenti che il Signore ci ha concesso, per
riuscirci meglio preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Matteo (25,1-13) anno B.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli
questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro
allo sposo.
Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;
le stolte presero le lampade, ma non presero
con sé olio;
le sagge invece, insieme alle lampade,
presero anche dell'olio in piccoli vasi.
Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte
e dormirono.
A mezzanotte si levò un grido:
Ecco lo sposo, andategli incontro!
Allora tutte quelle vergini si destarono e
prepararono le loro lampade.
E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre
lampade sispengono.
Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi;
andate piuttosto dai venditori e compratevene.
Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini
che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore,
signore, aprici!
Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora”.
Parola del Signore.
Gesù, per essere compreso dai suoi ascoltatori, si ispira alle feste di
nozze in uso al
suo tempo; lo sposo, accompagnato dagli amici, si recava alla sua nuova
abitazione,
dove la sposa, con altre vergini, attendeva il suo arrivo, tra i canti
e le luci accese.
Lo sposo, Gesù, in questo caso tarda ad arrivare; questo mette alla
prova la capacità di
attendere vigilanti i cristiani. Ciò che manca è l’olio; per molti,
simbolo della fede.
Quando sembra che Dio si sia dimenticato della sua Chiesa, è necessario
riempire
nuovamente le proprie lampade con l’olio della fede incrollabile.
Dio verrà certamente e darà la sua ricompensa a coloro che lo hanno
atteso
senza dormire tra gli stordimenti del mondo che distolgono da una vera
attesa.
Attendiamo dunque sempre con le lampade accese,
l’arrivo dello sposo mettendoci in preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato
il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Matteo (24,42-51) anno
B.
In quel tempo. Gesù disse ai suoi discepoli:
“Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale
ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non
immaginate, il Figlio
dell'uomo verrà.
Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai
suoi
domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto?
Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!
In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni.
Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire,
e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli
ubriaconi,
arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa,
lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e
là sarà pianto e stridore di denti”.
Parola del Signore.
Non dobbiamo pensare che il tempo sia una semplice successione di
istanti
che si ripetono fino a portarci alla morte; esso in realtà è luogo
della manifestazione
del Cristo Signore, che viene a noi in ogni occasione della vita.
Per questo il tempo non può essere sprecato o, peggio, usato male;
quando meno ce lo aspettiamo, il Signore del tempo verrà a chiederci
come
lo abbiamo usato e se abbiamo saputo capitalizzarlo.
L’invito del Vangelo di oggi è quello di essere vigilanti e previdenti,
per non essere sorpresi ed essere trovati a mini vuote.
L’atteggiamento migliore è quello dell’attesa; ciò non
ha nulla di angoscioso o di preoccupante.
Essa deve essere un’attesa gioiosa di colui che può venire a dare
compimento alle attese più profonde del nostro cuore.
Vigiliamo allora e, rimanendo in attesa della venuta del Signore,
preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato
il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Marco (6,17-29) anno B.
In quel tempo,Erode infatti aveva fatto arrestare
Giovanni e lo aveva
messo in prigione a causa
di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo,
che egli
aveva sposata.
Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere
la moglie di tuo fratello».
Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe
voluto farlo uccidere, ma non
poteva,
perché Erode
temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo,
e vigilava su di lui; e
anche se nell'ascoltarlo restava
molto perplesso, tuttavia lo ascoltava
volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un
banchetto
per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.
Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai
commensali.
Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo
darò».
E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò,
fosse anche la metà del mio regno».
La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?».
Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista».
Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi
dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista».
Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali,
non volle opporle un rifiuto.
Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.
La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio,
la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.
I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero,
ne presero il cadavere e lo
posero in un sepolcro.
Parola del Signore.
In questo brano si scontrano la coerenza e la limpidezza di Giovanni
con il sopruso
e la tenebra del peccato in cui si trova Erodiade, moglie concubina di
Erode.
La vita è in pericolo, ma può Giovanni tacere di fronte ad un peccato pubblico
e conclamato?
Egli sa che dovrà pagare un prezzo molto alto per le sue parole,
eppure, paradossalmente,
la testa di Giovanni parla molto più dopo la morte che in vita;
Giovanni il Battista
continua a profetare anche dopo la sua morte, e i discepoli
raccoglieranno,
assieme alle spoglie mortali del profeta, anche la sua eredità.
Non spaventiamoci se, qualche volta, a causa della nostra
testimonianza,
dovremmo soffrire a causa di Gesù; il premio è pronto per noi, e
nessuno
potrà toglierci la gloria che Lui ci ha preparato.
Coraggio, testimoniamo apertamente che Gesù è il Signore e riceveremo
la gloria,
la forza per farlo la ricaveremo dalla preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Matteo (23,23-26) anno
B.
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: “Guai a voi, scribi
e farisei ipocriti, che pagate la
decima della menta,
dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni
più
gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà.
Queste cose bisognava
praticare, senza omettere quelle.
Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno
del bicchiere e del
piatto
mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza.
Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!”.
Parola del Signore.
Notiamo come Gesù non critichi il valore di certe tradizioni religiose;
quello su cui,
invece, il Signore si scaglia è il fatto che i farisei hanno
completamente sconvolto
i criteri di valutazione, fino a far sembrare indispensabile ciò che,
invece,
è secondario, trascurando ciò che è di capitale importanza.
Dio, dunque, accetta sì le offerte legate ai frutti della terra; ma ciò
che
Egli accoglie con maggiore interesse è la misericordia che ciascuno di
noi
riesce ad avere nei confronti degli altri.
Proprio quello che ormai i farisei non sapevano più fare; praticando
una serie
infinita di piccoli precetti, essi avevano perso di vista l’essenziale.
E per noi, cosa è davvero importante; accendere candele in Chiesa
e mettere offerte sotto le statue, oppure amare i nostri fratelli?
Amiamo i nostri fratelli, in ognuno di essi possiamo trovare Gesù,
non è sempre facile, per questo dobbiamo pregare.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Matteo (23,13-22) anno
B.
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: “Guai a voi, scribi
e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti
agli uomini; perché così voi
non vi entrate,
e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare
e la terra per
fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete
figlio della Geenna il
doppio di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio
non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati.
Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che
rende sacro
l'oro?
E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per
l'offerta che vi sta sopra, si
resta obbligati.
Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta?
Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra;
e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita.
E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso”.
Parola del Signore.
Gesù continua il suo discorso alla folla.
Sta parlando contro gli scribi e i farisei; non ha di mira le loro
persone, bensì il
loro comportamento e la loro pretesa di essere le guide
religiose del popolo.
Il vero pastore è colui che dà la vita per le pecore, non chi pretende
di
rovesciare pesi e tradizioni esteriori sulle spalle della gente.
L’amore di Gesù per la gente è davvero grande e non può sopportare che
il popolo sia
schiacciato dal peso delle tradizioni esteriori che gli scribi e i
farisei, impongono su tutti.
Lo spirito farisaico, invece di aprire, sbarra le porte alla felicità e
opprime la vita della gente.
Gesù è venuto a liberare da questo giogo pesante.
Gesù è venuto a smascherare la falsità di chi pretende di essere
pastore affermando
se stesso sugli altri, magari imponendo norme e pratiche esteriori che
non nascono
da un cuore misericordioso e buono come è quello del Signore.
Chi guarda al proprio interesse e alla propria felicità, bloccando
quella degli altri;
fa perdere di vista il Signore, l’amore per se stessi fa dimenticare la
misericordia.
L’orgoglio porta ad essere come; sepolcri imbiancati e guide cieche.
La nostra salvezza sta nell’accogliere prontamente la Parola di Dio
custodendola
nel proprio cuore e mettendola in pratica, attraverso la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Giovanni (6,60-69) anno
B.
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù,
dopo aver ascoltato, dissero: «Questo
linguaggio è duro; chi può intenderlo?».
Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi
discepoli proprio di questo mormoravano,
disse loro: «Questo vi scandalizza?
E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?
E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla;
le parole che vi ho dette sono spirito e vita.
Ma vi sono alcuni tra voi che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio
chi erano quelli che non credevano
e chi era colui che lo avrebbe tradito.
E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può
venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro
e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?».
Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo?
Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto
e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Parola del Signore.
La tragedia è ormai consumata.
Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci,
il più eclatante, il più straordinario, segna paradossalmente
l’inizio della fine di Gesù.
Il lungo e complesso discorso che abbiamo ascoltato
nell’ultimo mese giunge ormai alla fine; il giudizio su Gesù
da parte della folla è cambiato: da grande predicatore e profeta,
guaritore e operatore di prodigi capace di smuovere
cinquemila famiglie ad ascoltarlo, Gesù viene preso per un
visionario e un pazzo che indugia su discorsi
incomprensibili e inaccettabili.
La parabola di Gesù è discendente: fino a quando Dio
ci obbedisce e ci esaudisce lo seguiamo,
quando è esigente e chiede, lo abbandoniamo.
Gli apostoli stessi, sgomenti, non sanno più che
pensare del loro imprevedibile Rabbì.
Domenica scorsa Gesù ha toccato il fondo; ha chiesto alla
folla di saziarsi della sua carne, di dissetarsi al suo sangue.
Cristo ha già in mente l’estremo dono, l’Eucaristia.
Rabbrividisco nel leggere questa decisione che lascia sgomenti.
Gesù, invece di andarsene, di gettare la spugna,
pensa a un gesto ancora più radicale, intravede all’orizzonte
l’incomprensione che diventa odio e violenza.
E accetta la sfida; andrà fino in fondo, donerà ogni sua fibra,
ogni sua goccia di sangue al progetto di Dio.
Il panorama, lo vedete, è desolante, aurora
dell’incomprensione che porterà Gesù al Golgota.
Non è questa, in sintesi, la storia dell’umanità?
Non è questa, la storia o parabola della nostra vita spirituale?
Fino a quando Gesù sfama le folle, è idolatrato,
quando parla di Dio, è abbandonato.
Fino a quando Dio risponde alle nostre esigenze e alle
nostre richieste, è grande; quando—a nostro avviso—ciò
non avviene più, è rinnegato e rigettato.
Dramma di un Dio che mendica la nostra adesione!
Dramma inaudito di un Dio che si fa carne e compassione
e che viene ignorato, perché ci risulta più comprensibile
un Dio autoritario nella sua divinità.
In questo rifiuto si gioca tutta la nostra esistenza,
la tragica avventura dell’uomo che perde l’occasione
di diventare adulto e che avvia Dio alla scelta del sacrificio
della croce come segno inequivocabile della misura del suo amore.
A questo punto Gesù, indurito, scosso,
incredulo, si rivolge agli apostoli.
No, non se l’aspettava questa reazione da parte
della folla che ama con tenerezza.
Forse pensava (ingenuo Dio!) di convertire i cuori
con le parole e lo sguardo.
La domanda, inquietante e tagliente come una lama,
è rivolta a ciascuno di noi: “Volete andarvene anche voi?”.
Non rimprovera gli apostoli sgomenti, non recede dalle
sue parole, non chiede appoggio o carezza o consolazione.
A Gesù sta più a cuore il Regno che la compassione,
la verità che l’applauso.
Volete andarvene anche voi?
È libero il Rabbì, non ha elemosinato un uditorio
né desiderato dei discepoli.
Sa, Gesù, quanto possa diventare ambiguo un
rapporto spirituale, sa quanto possa tarpare le ali il
discepolato, invece di far crescere il discepolo.
Sa che l’obiettivo di ogni discepolo è di crescere,
non di appassire ai piedi del Maestro.
Sa che ogni vero Maestro ha un solo desiderio;
che il discepolo diventi autonomo.
Volete andarvene anche voi?
È solo il Rabbì, non è mai stato così solo.
Chiediamoci, vogliamo andarcene anche noi?
Magari è finita la solleticazione spirituale?
Capita dopo un incontro o un pellegrinaggio!
Quando incontriamo le prime
difficoltà,
si lascia tutto per tornare a chiudersi nel nostro
piccolo mondo di tiepide certezze.
E rinunciamo al sogno di Dio. Possiamo farlo.
Siamo liberi, straordinariamente, drammaticamente
liberi di credere. O di fuggire.
Di spalancarci. O di chiuderci.
L’amore di Dio ci lascia liberi, giunge a chiedere a noi, creature
fragili e incostanti, di aderire liberamente al suo progetto.
Lo dice sempre anche Maria.
Siamo fortunati, Pietro, il grande Pietro,
risponde in nome di tutti, lui, che ha lasciato che
la Parola lo scavasse e lo cambiasse, Pietro così simile a noi,
Pietro di reti e di odore di pesce, di duri calli sulle mani,
di rughe taglienti che solcano il suo viso di pescatore.
Lui, che è uomo di fatica e di notti insonni passate
a gettare le reti nell’arido lago di Tiberiade.
Lui, così simile a noi, così irruento, fragile, istintivo e rozzo.
Lui come noi, e perciò scelto per confermare la fede dei fratelli.
Pietro, che assaporerà l’ebbrezza dello slancio e della condivisione
col Maestro e l’amara sconfitta del rinnegamento.
Pietro, colmo di peccato come noi, ma così pronto a lasciarsi
sconvolgere dallo sguardo del suo Signore che sale alla croce.
Pietro che piange, lacrime di sconforto.
Benedetto pianto, che rivela l’abisso di tenerezza e di
umanità nascoste dentro questo umile pescatore!
Lui ci è stato dato come pastore.
Non il perfetto Giovanni, discepolo che Gesù amava, custode
della Madre, presente sotto la croce, grande mistico.
No, troppo grande e perfetto per essere simile a noi,
avremmo fatto una brutta figura.
Di Pietro avevamo bisogno, di uno come noi,
che misurasse giornalmente la fatica, che contasse
a spanne il suo limite, senza vergognarsene.
Pietro risponde, ora, poco convinto, forse,
un po’ amareggiato, come gli altri undici,
con tanti interrogativi sul fallimento di un brillante futuro
messianico, un po’ preoccupato del domani ormai incerto,
perplesso di questo Rabbì troppo esigente,
troppo grande, troppo tutto.
La risposta, la sua, è come un vulcano che sfoga la sua forza,
come un vento che abbatte i boschi, un pilastro che
sostiene la nostra fragilità: “Da chi andremo, Signore?”.
Dove vuoi che andiamo, ormai, Signore?
Dove trovare tanta serenità, tanta verità, tanto bene,
tanta luce, tanto silenzio, dove, Dio santo,
trovare qualcosa o qualcuno che ti sia pari.
Dove, amico degli uomini, trovare compassione e futuro,
dove respirare l’ebbrezza di Dio?
Ci sconcerti, Maestro, ci sfidi, è difficile convertire il
nostro cuore alla tenerezza e alla tua luce
ma—Signore—ormai la nostra vita è segnata a fuoco.
Tu ci hai sedotto. Dove vuoi che andiamo, Signore.
Santa Domenica Fausto.
Dal Vangelo secondo Matteo (23,1-12) anno B.
Allora
Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate
secondo le loro opere,
perché dicono e non fanno.
Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma
loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro
filattèri e allungano le frange;
amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì''dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e
voi siete tutti fratelli.
E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il
Padre vostro, quello del cielo.
E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro,
il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo;
chi invece si innalzerà sarà abbassato
e chi si abbasserà sarà innalzato.
Parola del Signore.
L
a Santa Scrittura ci dice: “Chi si esalta sarà umiliato e chi si
umilia sarà esaltato”.
Con queste parole ci mostra che ogni esaltazione è una forma di
superbia.
Il salmista testimonia di volersene tenere lontano dicendo:
“Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia
il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie
forze” (Sal 131,1)....
Ne consegue, che se vogliamo raggiungere la vetta della suprema umiltà
e se vogliamo
rapidamente arrivare a quell'altezza celeste dove si sale con
l'umiltà della vita presente,
occorre innalzare e salire con le nostre opere quella scala che apparve
in sogno a Giacobbe,
e per la quale egli vide “gli angeli scendere e salire” (Gen 28,12).
Senza alcun dubbio, la discesa e la salita non hanno altro significato
per noi che
si discende con l'esaltarsi e si sale con l'umiliarsi.
Questa scala che si rizza è la nostra vita terrena che il Signore
eleva fino al cielo quando il nostro cuore si umilia.
Rimaniamo umili e senza pretese, per essere un giorno innalzati,
per riuscirci bisogna pregare.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata
Dal Vangelo secondo Matteo (18,21-35.19,1)
anno B.
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore,
quante volte dovrò perdonare al mio fratello,
se pecca contro di me? Fino a sette
volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette,
ma fino a settanta volte sette.
A proposito, il regno dei cieli è simile a un re
che volle fare i conti con i
suoi servi.
Incominciati i conti, gli fu presentato uno che
gli era debitore di diecimila
talenti.
Non avendo però costui il denaro da restituire,
il padrone ordinò che fosse venduto
lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così
il debito.
Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza
con me e ti restituirò ogni cosa.
Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva
cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!
Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza
con me e ti rifonderò il debito.
Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere,
fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono
a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.
Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio,
io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.
Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno,
così come io ho avuto
pietà di te?
E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini,
finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi,
se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio
della Giudea, al di là del Giordano.
Parola del Signore.
Generalmente siamo in grado di comprendere il valore del perdono
che Dio ci dà ogni volta che con il cuore contrito andiamo a Lui;
molto più difficile invece è capire il valore del perdono che noi diamo
agli altri.
Quando non perdoniamo, non permettiamo a Dio di servirsi di noi
per donare la sua grazia ai nostri fratelli.
Non abbiamo mai pensato che donando il nostro perdono, permettiamo a Dio
di
spandere la sua grazia in tutte quelle situazioni e persone che sono
lontane da essa?
Dunque, la nostra responsabilità è davvero molto grande.
Il nostro perdono dato agli altri non è solo il nostro; non permettere
che il nostro
risentimento o la nostra rabbia blocchino il piano d’amore che Dio ha
per noi e
per i nostri fratelli e che realizza per mezzo del perdono, dato e
ricevuto.
Perdoniamo se vogliamo essere perdonati, non è facile, ma con la
preghiera è possibile.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.
Dal Vangelo secondo Luca (1,39-56) anno B.
In
quei giorni Maria si alzò e si mise in viaggio verso la
montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria,
il bambino le sussultò nel grembo.
Elisabetta fu piena di Spirito Santo
ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del
tuo grembo!
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi,
il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell'adempimento
delle parole del Signore».
Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta
in Dio,
mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione
in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del
loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni
gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia ».
come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per
sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Parola del Signore.
Eccoci a ferragosto. È il cuore dell’estate, la gente affolla i luoghi
di villeggiatura,
noi domani invece partiamo per Medjugorje, ferie religiose, bellissimo.
E proprio oggi celebriamo la festa dell’Assunzione in cielo di Maria.
C’è un sottile disagio a parlare di Maria, non è per niente facile.
La ragione principale è la sua naturale timidezza di ragazza di paese,
quindicenne, abituata a lavorare in silenzio, lontano dai palchi delle
veline.
La seconda ragione del disagio è un’eccessiva devozione nei confronti
di Maria,
fatta in buona fede, ma pericolosa.
Il rischio? Di sottolineare le così tante straordinarietà della Madre
di Gesù da
finire con l’allontanarla anni luce dalla (povera) concretezza della
nostra vita.
Il più grande torto che possiamo fare a Maria è metterla in una nicchia
e incoronarla con una corona d’oro!
Dio ci dona una discepola esemplare, una donna (grande Dio, in un mondo
di
maschilisti pone una donna a modello!) che, per prima, ha scoperto il
volto del
Dio incarnato, e noi subito a metterla sul piedistallo, santa
stratosferica
da invocare nei momenti di sofferenza.
Per favore, no! Maria ci è donata come sorella nella fede, come
discepola del Signore,
come madre dei discepoli.
Il cuore del suo cammino è narrato da Luca, in quella corsa frenetica,
tumultuosa,
che Maria compie all’indomani dell’annuncio dell’angelo.
Non le aveva forse detto l’angelo della gravidanza della sua vecchia
cugina?
Maria parte volentieri da Nazareth, ha bisogno di riflettere, di
capire.
Ha paura di essersi sbagliata, di avere avuto un colpo di sole.
Possibile? Il Messia verrà? Possibile? Lei è stata scelta come Madre?
Maria va a sud, due giorni di viaggio, pensieri che affollano la mente.
Forse è in compagnia di Giuseppe, non era opportuno che le donne
viaggiassero da sole.
E l’incontro tra la matura Elisabetta e l’adolescente Maria è
un’apoteosi, un fuoco d’artificio.
Solo loro sanno, solo loro capiscono, i servi e i familiari guardano
stupiti
queste due donne che ridono e si abbracciano e piangono di gioia.
Elisabetta solleva in un abbraccio la piccola Maria,forse qualche
parola di circostanza:
“Come sei cresciuta! Che bella che sei!”; poi la posa, la guarda
scuotendo la testa:
“Come hai fatto a credere, Maria?”
Sì, Maria, anche noi lo ripetiamo, scuotendo la testa; come hai potuto
credere
che davvero Dio diventasse sguardo, sudore e calore nel tuo ventre?
Come hai fatto a credere che—sul serio—Dio avesse bisogno di te,
e di noi, per salvare l’umanità?
Come hai fatto a credere che il tuo acerbo ventre contenesse
l’Assoluto?
Beata te che hai creduto, Maria!
Beati noi, fragili discepoli, che sentiamo l’orgoglio riempirci di
lacrime gli occhi
e la nostalgia della santità mozzarci il fiato: Tu sei figlia della
nostra umanità,
Tu sei il riscatto delle nostre tiepidezze.
E Maria canta e danza assieme alla cugina Elisabetta.
Allora è tutto vero, ciò che ha visto era davvero il messaggero di Dio,
allora tutte le
stanche e impolverate profezie, ascoltate il Sabato in sinagoga, si
stavano realizzando.
Dio non si è stancato del suo popolo, Dio non l’ha abbandonato,
non ci ha abbandonato, Dio è presente.
La danza finisce in un canto, lo stupore della logica di Dio che prende
una quindicenne senza studio, figlia povera di una terra occupata, in un
tempo senza internet e network, per salvare l’umanità.
Ecco, questa è festa dell’Assunta, la storia di una discepola che ha
creduto davvero nella
parola del suo Dio, che insegna a noi, tiepidi credenti, l’ardire di
Dio, la follia dell’Assoluto.
Questa donna, noi crediamo, dopo la lunga esperienza di una fede
abitata
dal Mistero, è andata, prima tra i credenti, al Dio che l’aveva
chiamata.
Non poteva conoscere la corruzione della morte colei che aveva dato
alla luce l’autore della vita.
Siamo in buona compagnia, allora!
Lasciamoci fare, allora: grandi cose ha fatto Dio in Maria;
grandi cose può fare in noi, se lo lasciamo fare.
Santa Festa dell’Assunta a tutti Fausto.
Dal Vangelo secondo Matteo (18,1-5.10.12-14)
anno B.
In
quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo:
«Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?».
Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo
a loro e disse:
«In verità vi dico: se non vi convertirete
e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino,
sarà il più grande nel
regno dei cieli.
E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio,
accoglie me.
Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli,
perché vi dico che i
loro angeli
nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà
forse
le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?
Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che
per
le novantanove che non si erano smarrite.
Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi
piccoli.
Parola del Signore.
Obbiettivamente Gesù, con questa parabola,
voleva spiazzare i suoi ascoltatori;
infatti, sebbene apparentemente ci sia una
logica nel racconto di Gesù
che dovrebbe esaltare la cura del pastore verso le
sue pecore, leggendo
più in profondità si nota un chiaro controsenso.
Chi è quel pastore così folle da lasciare
novantanove pecore da sole per
andare a cercarne una sola?
Basandosi sulla matematica una sola pecora
che si perde, di fronte all’intero gregge,
è solo un incidente inevitabile che non
nuoce più di tanto all’economia del pastore.
Ma questo pastore ha qualcosa di
particolare; a lui interessa ogni singola
pecora in quanto esse non sono semplicemente
un numero.
Egli si preoccupa di noi e della nostra
salvezza.
Ringraziamolo allora, con la nostra
preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.
Dal Vangelo secondo Matteo (17,22-27) anno
B.
In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea,
Gesù disse
loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato
nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il
terzo giorno risorgerà».
Ed essi furono molto rattristati.
Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori
della tassa per il
tempio e gli dissero: «Il vostro maestro
non paga la tassa per il tempio?».
Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti
pare, Simone?
I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri
figli o dagli altri?».
Rispose: «Dagli estranei». E Gesù: «Quindi i figli sono esenti.
Ma perché non si scandalizzino, và al mare, getta l'amo e il primo pesce che
viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento.
Prendila e consegnala a loro per me e per te». Parola del Signore.
Due episodi, quasi due passi verso la meta.
Innanzitutto il secondo annunzio della
passione, collocato genericamente “in Galilea”.
Disegna in tutta la sua drammaticità quanto
sta per accadere.
Poi, nel finale, si accende una luce, come
già era avvenuto dopo il primo:
è una promessa difficile, per gli apostoli,
al momento, impossibile:
“Il Figlio dell’uomo….il terzo giorno
risorgerà”.
Nel terzo giorno, quando secondo
l’insegnamento rabbinico si ha la certezza sperimentale
della morte nel mutarsi dell’aspetto del cadavere,
accadrà questa impossibile novità.
Gli apostoli non sembrano aprirsi a questa
luce; anzi,, nota Matteo, “furono molto rattristati”.
E’ naturale: la morte, la croce, sono state
e saranno sempre uno scandalo,
se dietro ad essa non si riesce a vedere in
trasparenza il Risorto.
Il secondo episodio è collocato con maggior
puntualità a Cafarnao;
invita a riconoscere Gesù, il suo mistero.
Anche a lui, come ad ogni israelita adulto,
si può chiedere la tassa annuale per
il mantenimento del Tempio?
Cosa ne pensa Pietro che appare come il
capo-gruppo?
Potremmo presentare una prima osservazione,
di grande attualità in questi giorni,
peraltro assai lontana dal testo, e farlo
così: “Il nostro Maestro paga la tasse; e noi?”.
Ma il messaggio va indubbiamente oltre.
Gesù intende rivendicare il suo stato di
Figlio che lo rende ben superiore al Tempio,
alle norme e alle usanze relative; e vuole
insegnare pure che non
si deve “scandalizzare” nessuno.
Il Tempio è un santuario, il luogo
privilegiato per incontrare Dio, e Gesù si sottomette volontariamente ad un uso
comune; resta che il vero santuario, è la sua umanità, il Figlio.
Non lamentiamoci in continuazione, anche
Gesù era come noi, piuttosto preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6,41-51) anno
B.
In quel tempo, i Giudei mormoravano di lui perché aveva
detto: «Io sono il pane disceso dal cielo».
E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe?
Di lui conosciamo il padre e la madre.
Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?».
Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi.
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che
mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio.
Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.
Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che
viene da Dio ha visto il
Padre.
In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita.
I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto
e sono morti;
questo è il pane che discende dal cielo,
perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la
mia
carne per la vita del mondo».
Parola del Signore.
Gesù dopo aver moltiplicato il pane, resta turbato dalla reazione della
folla che lo vuole fare re.
Con il suo gesto Egli voleva invitare i discepoli a mettersi in gioco,
a dare del
proprio di fronte ai problemi; la gente ha capito, al contrario, che
Dio avrebbe
definitivamente risolto le loro difficoltà.
La folla rincorre Gesù e lo raggiunge.
Il Maestro inizia un discorso amaro e crudo in cui accusa la gente di
cercarlo
perché sazi la fame, non perché affamati di verità.
Gesù pretende di essere l’unico in grado di saziare la nostra fame del
cuore, fame
che non può essere saziata dal fare, ma dal credere che Gesù è
l’inviato dal Padre.
Discorso sempre più impegnativo, quello che si svolge tra la folla
sfamata ed ex
entusiasta del Rabbì di Nazareth; discorso che però può mettere
in discussione il
nostro credere e permetterci di dedicare qualche tempo della
nostra vacanza al “dentro”.
La gente è perplessa: va bene un Maestro che fugge la notorietà, che è
scocciato perché
la folla non ha capito il miracolo, ma vuole solo avere la
pancia piena (di questi tempi
come biasimarla?); va bene la ricerca di un’altra
sazietà non basata sul fare ma sul credere;
va bene non chiedere segni, ma
questo chi si crede di essere?
Lui capace di riempire i nostri cuori? Il falegname di Nazareth?
Il figlio del bravo Giuseppe? Questo è veramente eccessivo!
Fa amaramente sorridere, ma Gesù è accusato di essere poco “religioso”,
poco carismatico, poco messianico.
Tutti abbiamo un’idea di Dio: un Dio potente, glorioso, muscoloso,
interventista.
Gesù il Nazareno, invece, sconcerta per la sua normalità, è banale nel
suo apparire.
Così è Dio, sempre diverso da come ce lo aspetteremmo.
Vogliamo i miracoli, ed Egli si nasconde nella quotidianità, chiediamo
di non soffrire,
ed Egli soffre con noi, lo accusiamo del dolore
dell’innocente,
ed Egli ci chiede do sollevarlo quel dolore.
La gente mormora, pone obiezioni, resta interdetta.
Gesù chiede di non mormorare, ma di mettersi in discussione.
Succede anche a me: tutte le volte che capita qualcosa che rischia di
mettermi in
discussione, cerco qualcuno che mi dia ragione, mormoro per
confermare le mie
obiezioni, esco rafforzato nella mia convinzione (tante volte
sbagliata).
Anche nella fede accade: rischiamo di interpretare Dio, di mettere in
dubbio l’esperienza
di comunità; visto che Dio ci tratta da adulti e ci spinge
a conversione, che ci permetta
almeno di scegliere da dove iniziare!
Gesù ha ragione: evitiamo la mormorazione, fidiamoci una volta tanto,
smettiamola di
comportarci come bambini obiettando a Dio che ciò che chiede è
difficile, rischioso, ecc. ecc.
Se Gesù ha ragione—questo è il problema—allora davvero dobbiamo
arrenderci
all’evidenza: solo Lui può colmare il nostro cuore, solo Lui e
null’altro,
quindi è meglio che ci svegliamo e la smettiamo di mettere acqua in
cisterne screpolate.
Gesù dice che possiamo andare a Lui solo se attirati dal Padre.
È un’esperienza comune a molti:
quando sentiamo dentro il desiderio di Assoluto e, dopo aver cercato,
ci apriamo
alla meraviglia di Dio, ci rendiamo conto che è proprio Lui, Dio, ad
avere sedotto
il nostro cuore, ad avere suscitato il desiderio di cercarlo.
Gesù è tranciante: nessuno ha visto Dio, solo Lui.
Il Dio in cui credo, che Dio è?
Il Dio di Gesù o un Dio in cui, più o meno, mi hanno insegnato a
credere e
che non ho mai preso la briga di verificare per pigrizia?
Dopo più di duemila anni, francamente, sono più le persone che incontro
e che hanno
un’idea approssimativa di Dio che gente che davvero ha conosciuto
il Dio di Gesù.
Gesù parla di Dio con verità perché Lui è la presenza stessa di Dio,
perché Lui e il Padre sono una cosa sola, fidiamoci, allora,
bazzichiamo—finalmente!—il Vangelo per conoscere il Dio del Signore e Maestro
Gesù.
Gesù ci dice che chi crede ha la vita eterna.
“Ha” la vita eterna, non “avrà”.
La vita eterna, cioè, non è una specie di liquidazione che accumulo con
i miei
meriti e di cui potrò godere alla fine della mia vita.
La vita eterna è già cominciata, credere significa acquisire uno
sguardo nuovo su di me,
sulle cose, sugli altri, sulla storia.
È vero, per me avere abbracciato il Vangelo, essermi arreso a Dio, ha
coinciso con una
vita nuova che continua, con una vita che—pur restando legata
ai limiti dell’essere—ha
sfumature di eternità, ha visioni di profondità e di
amore impensabili.
Gesù non vuole la nostra frustrazione né c’impone una religiosità
ombrosa o reazionaria.
Gesù offre una vita diversa, vera, giusta, piena di bagliori di luce,
solo bisogna fidarsi,
far tacere le ultime mormorazioni e obiezioni e
arrendersi.
Diventare persone nuove, come dice Paolo, persone che imitano Gesù, che
scelgono
radicalmente il dono di sé nell’equilibrio e nella gioia.
In questo percorso da luce a luce, Dio ci dona un cibo per sostenerci,
un pane del cammino
simile a quello di Elia, travolto dalle proprie scelte che
ora sente sbagliate.
Vuole morire, Elia, e Dio lo incoraggia e lo nutre: con quel pane
attraverserà il deserto
della vita per arrivare al monte di Dio, l’Oreb.
L’Eucaristia che celebriamo ogni domenica è questo pane del cammino ad
attraversare
il deserto, che ci aiuta a superare lo scoraggiamento, che ci
sazia il cuore.
Anche qui, però, occorre conversione, fidarsi, crederci, celebrare.
Diventino incontri le nostre Messe, diventino gioia e preghiera,
diventino stazioni
di servizio sulla strada verso il Regno,
diventino—infine!—veri momenti di incontro
tra eternità, cioè pienezza, e il
nostro cammino di vita.
Santa Domenica, Fausto.
Dal Vangelo secondo Matteo (17,14-20) anno
B.
In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi
in
ginocchio, gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio.
Egli è epilettico e
soffre molto; cade spesso nel fuoco e
spesso anche nell'acqua; l'ho già portato dai
tuoi discepoli,
ma non hanno potuto guarirlo».
E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa!
Fino a quando starò con
voi?
Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui».
E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e
da quel momento il ragazzo fu guarito.
Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero:
«Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?».
Ed egli rispose: «Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede
pari
a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui
a là,
ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile.
Parola del Signore.
la risposta di Gesù sembra scontata, ma in realtà ci spiega chiaramente
perché spesso non otteniamo nulla di ciò che gli chiediamo.
Dobbiamo ricordare anzitutto che è molto più felice Lui di darci che
noi di chiedere:
però, se non c’è fede, difficilmente il nostro cuore può accogliere
quanto vuole darci.
I miracoli più grandi, dunque, li ottiene proprio chi ha più fiducia
nella potenza di Dio.
Gesù, parlando con gli apostoli, fa prendere loro coscienza del fatto
che essi
hanno una fede davvero molto limitata, se non si può paragonare nemmeno
alla grandezza di un granellino di senapa.
Sapete come si fa a vivere di fede, facendola crescere sempre di più?
Esercitandola ogni giorno con costanza, per far crescere in noi questo
piccolo seme.
Il seme della speranza, della fiducia e dell’abbandono, attraverso la
preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non
ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è
con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e
sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.