sabato 13 ottobre 2012

Il Vangelo della 28° Domenica del Tempo Ordinario

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada,
un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio
davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono,
che cosa devo fare per avere la vita eterna?».
Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono?

Nessuno è buono, se non Dio solo.
Tu conosci i comandamenti: Non uccidere,

non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose

le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse:

«Una cosa sola ti manca: và, vendi quello
che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi».
Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto

difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!».
I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese:

«Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio!
E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago,

che un ricco entri nel regno di Dio».
Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?».
Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio!

Perché tutto è possibile presso Dio».
Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli

o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo,
che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle

e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.
Parola del Signore.
“Fra voi non sia così”. È il tema che ricorre in queste ultime settimane
dell’anno di Marco e che c’invita a riflettere sul nostro modo di essere Chiesa.
Il Signore ha descritto bene l’atteggiamento naturale, spontaneo,
che abbiamo rispetto ad alcuni temi spinosi; il potere (chi è il più grande?),
la diversità (non è dei nostri), l’affettività (è lecito ripudiare la propria mogli?)
e invita i discepoli a ragionare e vivere in  maniera radicalmente diversa.
Se è normale agire istintivamente, è evangelico scegliere di orientare le
proprie scelte alla luce degli insegnamenti di Gesù.
Quella che il Nazareno chiede non è un’opprimente cappa moralistica ma, piuttosto,
lo svelamento di una bella possibilità di vita alternativa che portiamo nel cuore.
Oggi, dobbiamo parlare del tema del denaro e del possesso; tema assai attuale.
Tema delicato perché; (ne abbiamo le prove in questo periodo di crisi) affonda
le sue radici in esperienze e desideri radicati nell’inconscio.
Che cosa pensa il mondo della ricchezza?
Senza cadere nel populismo o nel moralismo possiamo affermare con crudezza e realismo
che in questo terzo millennio a comandare ogni scelta, a orientarla, è ormai l’economia.
Crollata l’epoca delle ideologie che hanno caratterizzato il secolo appena finito,
siamo rimasti con un pugno di mosche in mano, e la teoria del turbo capitalismo,
del liberalismo assoluto, della globalizzazione, portatrice di benessere per l’umanità,
è rimasta, di fatto, l’unica ideologia imperante.
L’economia gestisce il potere e le scelte, anche nel nostro piccolo mondo.
Se siete come me, cittadini senza grandi passioni per Borsa e vicende del genere,
siete però consapevoli di come l’aspetto economico sia diventato determinante
nella nostra vita quotidiana, e l’ipotetico e mai raggiunto livello di benessere,
in realtà, condizioni la nostra vita in maniera assurda.
Occorre lavorare per produrre, per guadagnare e comperare cose (spesso inutili),
per tenere in piedi un’economia gonfiata, ora dovendo pagare gli sprechi e, non avendo
soldi a sufficienza non possiamo più comperare a vanvera è crollata l’economia.
In questo periodo di diseducazione contagiosa; basta sentire i giovani cosa dicono;
il lavoro che vogliamo, è anzitutto un lavoro che faccia guadagnare molti soldi,
magari facendo fatica il meno possibile, il resto viene dopo.
Il nostro vecchi Papa inascoltato, ha fortemente criticato questa impostazione,
svelandone la fragilità e l’ingiustizia.
Ora per mantenere la famiglia dobbiamo lavorare in due in famiglia,
per comperare un alloggio occorre contrarre un mutuo, se te lo concedono, di vent’anni,
molti anziani, dopo una vita passata a lavorare, faticano ad arrivare alla fine del mese.
Non ho mai conosciuto nessuno che mi dicesse; io vivo per far soldi; tutti santi siamo.
Ma, allora, da dove vengono tutte le liti furibonde per questioni di eredità?
E le amicizie definitivamente affossate per un prestito mai restituito?
Dobbiamo ammetterlo; il possesso fa parte della nostra natura, l’accumulo ci è
connaturale, la soddisfazione dei bisogni, veri o presunti che siano, muove la nostra vita.
E Gesù cosa dice?
Gesù non condanna la ricchezza né esalta la povertà.
Lo dico perché spesso noi cattolici scivoliamo volentieri nel moralismo,
criticando i soldi degli altri e, invitando a generosità, sempre gli altri.
Gesù ama il giovane ricco, lo guarda con tenerezza, vede in lui una
grande forza e la possibilità di crescere nella fede.
Gli chiede di liberarsi di tutto per avere di più, di fare il miglio investimento della sua vita.
Gesù frequenta persone ricche e persone povere, è estremamente libero.
Ma ammonisce noi, suoi discepoli; la ricchezza è pericolosa perché
promette ciò che non può in alcun modo mantenere.
M’impressiona parlare con persone realizzate, lavoro redditizio,
benefici a non finire, ambienti di qualità altolocata, per poi scoprire in loro le
stesse ansie e le stesse preoccupazioni di chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese.
Dunque, dice Gesù, la ricchezza può ingannare, può far fallire miseramente una vita,
la pienezza è altrove, non nella fugace emozione di avere realizzato il sogno
di possedere il giocattolo prezioso a cui aspiro.
Ma la povertà non è augurabile, la miseria non avvicina a Dio, ma precipita nella disperazione.
Perciò il Signore ci chiede di avere un cuore libero e solidale, la povertà è scelta dai
discepoli perché ci è insopportabile vedere un fratello nella miseria, tutto lì.
Ancora una volta il Signore ci chiede di essere diversi, il “fra voi non sia così”,
che è caratterizzato, in questo caso, dalla scelta della condivisione e dell’essenzialità,
nel soccorrere le povertà e accontentarsi dell’essenziale,
senza finire nella spirale dell’arricchimento.
Elemosina, condivisione, dono, sono ancora i protagonisti di una sana vita da discepolo,
chiamato a non affannarsi nell’accumulo ma, coscienziosamente, ad affidarsi a
quel Dio che veste splendidamente l’erba del campo.
E questa logica deve aiutarci anche nei rapporti con chi è in difficoltà, senza ambiguità.
Se scopriamo chi non ce la fa economicamente, aiutiamolo senza opprimerlo,
ma sotto una forma soft.
Facciamoci dono, facciamo della nostra vita un dono e
avremo—stupore—cento volte tanto, come esperimenta Pietro.
Santa Domenica, Fausto.
       

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