sabato 25 febbraio 2012

Il Vangelo della Domenica del 26 Febbraio 2012

Ce lo dice anche Gesù, il tempo è compiuto,
noi invece ci comportiamo come se dovessimo
vivere 1000 anni; convertiamoci e crediamo al Vangelo.

Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15) anno B.
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto
ed egli vi rimase quaranta giorni, tentato da satana;
stava con le fiere e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella
Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete al vangelo».
Deserto finalmente!
Con questa domenica inizia ufficialmente l’olimpiade dello Spirito per prepararci alla Pasqua;
quaranta giorni per seguire il Maestro nel deserto, per imparare a essere discepoli,
per tornare a essere uomini.
Deserto, finalmente, scusa annuale per ritagliarci qualche minuto di preghiera,
per trovare uno spazio di silenzio nel caos del cuore e dello spirito,
per permettere alla nostra anima di raggiungere il nostro corpo, sempre di fretta,
sempre avanti (avanti, ma verso dove?).
Deposte le maschere (non quelle di carnevale), quelle che indossiamo nella vita
lugubri e false, ritroviamo il nostro vero “io” per incontrare il vero Dio.
Almeno una volta durante l’anno possiamo farlo, no?
Basta al pensare alla Quaresima come a un tempo penitenziale doloroso ma inevitabile,
come a un tempo in cui imporci delle rinunce (non sempre utili),
come a un tempo in cui metterci in volto la maschera del penitente.
La Quaresima è, al contrario, il tempo della verità, della verifica della propria vita,
della preparazione al grande evento.
Un tempo per allenarci spiritualmente.
A morte la mortificazione, allora, viva la vivificazione.
Non rendiamo più triste il nostro già triste cristianesimo,
rendiamolo più agile, più vero, più temprato, più cattolico.
Questo, certo, vorrà dire abbandonare l’uomo vecchio, ma per qualcosa di
ben più prezioso di una medaglia d’oro.
Nessun atleta fatica invano, la meta è sempre lì, il podio, la vittoria.
Gesù inizia la sua vita pubblica nel deserto.
C’è molta Bibbia, dietro questa scelta; i quarant’anni nel deserto d’Israele,
il deserto luogo d’incontro dei profeti, da Isaia a Osea, il Battista…
Ma c’è anche la voglia di capire cosa fare, come ci raccontano Matteo e Luca,
insoddisfatti dell’eccessiva stringatezza del giovane Marco.
Gesù, nel deserto, sceglie di pianificare la sua predicazione, sceglie quale Messia essere.
Nel deserto capisce che vuole essere un Messia diverso da quello che la gente si aspetta.
Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce.
Non cede alla tentazione di pensare a se stesso, né all’inciucio con il potere
civile e religioso, né alla tentazione del facile miracolo.
Gesù parlerà di Dio con il sorriso, convincerà il cuore delle persone con la predicazione.
Questa è la sua scelta.
Scelta prudente, all’apparenza; fra tre anni, nell’orto degli Ulivi, tornerà l’avversario
per sottolineare la sua infinita ingenuità e il suo clamoroso fallimento.
Anche noi seguiamo il Rabbì nel deserto per scegliere ancora che persone essere.
Non “cosa” essere, ma “come” esserlo.
Il “cosa” non dipende sempre da noi; opportunità, carattere, salute, tutto ci può
facilitare o bloccare, tutto ci può essere di supporto o di ostacolo.
Forse sei soddisfatto della vita che hai, del tuo lavoro, della tua vita affettiva,
della tua salute. O forse no.
Non è importane cosa sei diventato, ma come vuoi vivere.
Se anche fossi lo scopritore della cura contro il cancro e fossi un’orribile e
arrogante persona, agli occhi di Dio, saresti nulla.
Quaranta giorni nel deserto ci sono dati per scegliere, nonostante tutto,
se continuare ad amare.
Due i suggerimenti; il primo è percepire la fame; fame di Parola, di senso, di autenticità.
Un cuore sazio non si percepisce con autenticità, ecco allora la proposta del digiuno.
Digiuno simbolico, dalla TV, dalla fretta, ma anche digiuno autentico dall’eccesso
di cibo che, ricordiamocelo, appesantisce il nostro ciclo energetico.
Un digiuno per qualcosa, però.
Spegnere il televisore per giocare con mio figlio, rinunciare al filetto per aiutare un povero,
digiunare dal pettegolezzo per guardare agli altri con lo sguardo di Dio.
La seconda strada proposta è quella della preghiera.
Una preghiera fatta soprattutto di ascolto, più che di richiesta.
È questo il tempo di leggere la Parola, tutti i giorni, dieci minuti, con calma.
Invocare lo Spirito prima, staccare il telefono e leggere la Parola,
magari quella della domenica.
Leggerla con calma, assaporandola, lasciandola scendere nel cuore, senza fretta.
Infine spalancare il cuore, dare aria alle pareti ammuffite, fare una pulizia generale,
solo così la Parola può fruttificare dentro di noi.
Una santa Quaresima a tutti voi amici, Fausto.

venerdì 24 febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 25 Febbraio 2012

Ancora una volta ci troviamo a mormorare,
sempre pronti a puntare il dito contro qualcuno e,
non riusciamo a guardare il nostro cuore.

Dal Vangelo secondo Luca (5,27-32) anno B.
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi
seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”.
Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.
C’era una folla di pubblicani e d’altra
gente seduta con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli:
“Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?”.
Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico,
ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”.
Parola del Signore.
Per Dio i giochi non sono mai fatti per sempre, in maniera definitiva;
Egli è sempre alla ricerca di chi gli apra il cuore e la vita per poterla
cambiare e far entrare la luce, la gioia e la pace.
La conversione, evento fondamentale su cui si fonda il significato della Quaresima,
è un atteggiamento che ci fa accorgere come Gesù continui a cercarci e
a chiamarci ad una vita di apertura a Lui e agli altri.
Levi era un uomo che non poteva vantare titoli particolari di bravura
o di santità davanti a Dio; il suo conto con Lui era decisamente in rosso,
eppure…egli ebbe il coraggio di credere che il Signore cercava proprio lui;
egli si riconobbe malato e bisognoso di guarigione; solo allora il
suo processo di conversione ebbe davvero inizio.
Convertiamoci e crediamo al Vangelo, non si sa mai che il Signore passi
dalle nostre parti e ci chiami, per essere pronti alla chiamata preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

giovedì 23 febbraio 2012

Il Vangelo del Venerdì 24 Febbraio 2012

Dobbiamo sempre guardare quello che fanno gli altri,
per questo non siamo sereni nella nostra vita,
facciamo sempre osservazioni.

Dal Vangelo secondo Matteo (9,14-15) anno B.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di
Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo
molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”.
E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze
essere in lutto finchè lo sposo è con loro?
Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”.
Parola del Signore.
Con la persona di Gesù, il digiuno assume un significato nuovo; esso per i discepoli di Gesù
non è più solo una pratica ascetica, ma ha il significato di attesa e di compimento.
I discepoli, che adesso godono della presenza del Maestro, si accorgeranno quando
Egli sarà tolto da loro, cosa significhi provare il dispiacere della sua mancanza.
Ma Egli ha promesso che tornerà glorioso, un giorno, per instaurare definitivamente
il regno di Dio sulla terra; per questo, dal giorno della sua Ascensione al cielo,
essi digiunano in segno di attesa e di vigilanza.
Il Signore ci chiama a riscoprire il significato del digiuno nella nostra vita;
esso sia segno del nostro amore fattivo e concreto per i fratelli e di attesa
vigilante del ritorno del Signore sulla terra.
Nell’attesa dell’evento più grande, del ritorno del Signore, aiutiamoci con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi
li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

martedì 21 febbraio 2012

Il Vangelo del Mercoledì 22 Febbraio 2012

Purtroppo è spesso così, per mettere in pace
la nostra anima sbandieriamo quel poco che facciamo,
perché tutti ci possano ammirare ed elogiare,
non è questo quello che il Signore vuole da noi.

Dal Vangelo secondo Matteo (6,1-6. 16-18. Mercoledì delle Ceneri.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti
agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non
avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te,
come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade
per essere lodati dagli uomini.
In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe
e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini.
In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta,
prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti,
che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano.
In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto,
perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto;
e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Parola del Signore.
Secondo Gesù, tre sono gli ambiti in cui si distingue la vera religiosità da quella falsa;
l’elemosina, la preghiera e il digiuno.
Essi devono essere manifestazione di una volontà di rinnovamento interiore,
e non un modo per mettersi in mostra.
Dunque, la vera penitenza è anzitutto quella che parte dal cuore e
che trova in esso la sua motivazione profonda; per questo cerchiamo di valorizzare
in questo Tempo forte le tre istanze sottolineate dal Vangelo, cercando soprattutto
di viverle nel nascondimento, in modo che Dio possa vedere
la buona volontà che anima le nostre azioni.
Solo questa è la vera penitenza a Lui gradita, che dà senso a tutte
le altre penitenze che lo Spirito ci suggerirà di attuare con generosità.
Per poter sentire il soffio dello Spirito, il può concreto aiuto lo avremo dalla preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona Quaresima.

lunedì 20 febbraio 2012

Il Vangelo del Martedì 21 Febbraio 2012

Scopriamo oggi che purtroppo il più delle
volte corriamo chi sa dove, nella speranza
di trovare Dio e non ci accorgiamo di averlo accanto;
dove? Nel più piccolo essere che c’è vicino a noi; il bambino.

Dal Vangelo secondo Marco (9,30-37) anno B.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la
Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro:
“Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”.
Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafàrnao.
E quando fu in casa, chiese loro: “Se uno vuol essere il primo,
sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”.
E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
“Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me;
chi accoglie me, non accoglie me, ma chi mi ha mandato”. Parola del Signore.
Proprio nel momento in cui Gesù parla sempre più apertamente del destino che lo attende,
Egli sente l’urgenza di far capire ai suoi discepoli il centro del suo messaggio.
Quando essi cercheranno di apparire e di essere grandi secondo la logica del mondo,
essi saranno sempre perdenti, anche se tutto il mondo dovesse andare loro dietro.
L’importante non è convertire il mondo, ma fare quello che ha fatto Lui,
cioè essere servi di tutti.
Questo vuol dire fare come ha fatto Lui, accettando la sconfitta e l’apparente
delusione di una missione che sembra destinata a fallire del tutto.
Tutti noi sappiamo che non è così, ma ci vuole comunque una grande fede e
forza d’animo per essere convinti che nel servizio silenzioso e nascosto ci sia la felicità.
Rimaniamo nascosti ed operiamo il bene per poter guadagnarci il paradiso, riusciremo a farlo meglio pregando.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo
ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

sabato 18 febbraio 2012

Il Vangelo della Domenica 19 Febbraio 2012

Oggi amici, conosciamo delle persone che
hanno una grande fede, la fede ti fa arrampicare
fin sui tetti delle case, certi che il Signore li avrebbe esauditi.

Dal Vangelo secondo Marco (2,1-12) anno B.
Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao.
Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone,
da non esserci più posto neanche davanti alla porta,
ed egli annunziava loro la parola.
Si recarono da lui con un paralitico
portato da quattro persone.
Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il
tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui
giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico:
“Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.
Erano là seduti alcuni scribi che pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così?
Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”.
Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?”.
E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé,
disse loro: “Perché pensate queste cose nei vostri cuori?
Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono perdonati i peccati,
oppure dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?
Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati,
ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”.
Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti
si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.
Parola del Signore.
Gesù non risolve il problema del dolore né la parola di Dio dona una risposta univoca
e definitiva per spiegare l’esistenza della sofferenza.
Dio, invece di fornire una motivata ragione al dolore dell’uomo,
lo condivide e lo salva, lo redime.
Il lebbroso è guarito, certo, ma soprattutto riceve amore da parte di
colui che è venuto per farsi carico della nostra immensa fragilità.
La Parola ci svela il volto di un Dio che non sta guardando dall’alto la fatica
degli uomini, ma la vive sulla propria pelle e la riempie di speranza.
C’è il dolore fisico della malattia invalidante, che diventa una sanguisuga
che assorbe ogni pensiero e ogni energia.
C’è il dolore psichico, sempre più diffuso, che conduce le persone alle soglie della disperazione.
C’è il dolore, ignorato, del peccato che ci paralizza, che c‘impedisce di amare.
È il dolore su cui oggi riflette la Parola.
Proviamo tutti compassione e pena per le persone ammalate, sentiamo tutti un
profondo dolore quando qualcuno che amiamo si ammala.
Al tempo di Gesù non era così; la gente pensava che la malattia fosse una punizione
divina a un peccato, e quanto più era grave la malattia, tanto più la persona colpita aveva peccato.
Gli ammalati cronici (ciechi, lebbrosi, paralitici) erano, quindi, guardati con sufficienza e giudizio.
Il paralitico portato davanti a Gesù è considerato un grande peccatore, ha peccato lui o
quegli sciagurati dei suoi genitori che hanno provocato l’ira divina!
È un ragionamento folle, ma che non fa una grinza (certo, Dio ne esce fuori un po’ male).
Gesù, diversamente dagli altri, non crede che la malattia e la disgrazia siano una punizione divina,
vede in quest’uomo tutta la fatica di sopportare una situazione drammatica,
ma vede anzitutto la parte oscura che abita il cuore del paralitico.
Marco non dice nulla dello stato d’animo di quest’uomo, che
viene portato forzatamente davanti a Gesù.
Non è però difficile immaginare un vissuto di dolore e di disperazione,
di bestemmia e di rabbia davanti a una sorte così avversa, aggravata dal disprezzo della gente.
Gesù vede la paralisi del corpo e, ancora più radicata e devastante, vede la paralisi del suo cuore.
E le guarisce entrambe.
Scordarsi il peccato, è un peccato!
Oggi non si pecca più, meno male.
Per peccare bisogna almeno fare il kamikaze o stuprare i bambini,
per il resto sono solo cattive abitudini o innocenti trasgressioni.
Forse è una reazione a una visione incentrata sul peccato di una certa
predicazione del passato; da “tutto è peccato” a “quasi nulla è peccato”
il passo è stato breve ma, ahimè, ci ha fatto perdere l’equilibrio.
In un giorno di nebbia tutto è grigio uguale; solo la parola di Dio
può disegnare le ombre della nostra vita.
Purtroppo abbiamo ancora un approccio moralistico al peccato, come se
peccare fosse trasgredire alla legge di un Dio geloso della libertà, che ci
mette i paletti nella vita solo per farci tribolare (e tanto).
Un approccio adolescenziale; in fondo ci sono molte persone che vivono peggio di me,
cosa vuole Dio dalla mia vita?
Nulla, Dio non vuole nulla dalla mia vita.
La Scrittura ci svela un Dio che desidera per me la felicità, e sa come ottenerla.
È lui che mi ha creato, lui sa come funzionano, forse varrebbe la pena di
ascoltarlo con maggiore attenzione e serietà.
Le parole che Dio ci dona sono l’indicazione verso un percorso di pienezza,
di libertà, di gioia profonda e duratura.
Il peccato è male perché ci fa del male, Dio mi ha pensato come un capolavoro,
e io mi accontento di essere una fotocopia sbiadita.
Il peccato dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione, perché c’è in gioco
la nostra realizzazione profonda, la nostra verità interiore che
Dio conosce e che mi aiuta a scoprire.
Non possiamo inventarci i peccati, o farci fare l’esame di coscienza dal
mondo contemporaneo (non è vero che non c’è più senso del peccato, c’è,
fortissimo, il senso del peccato degli altri!”; è la frequentazione di Cristo
che ci porta alla conoscenza del nostro limite, per affidarglielo e trasfigurarlo.
È difficile conoscere ciò che è male, il male si presenta sempre come un ipotetico
bene per sedurci e ingannarci.
Il male è tutto ciò che ci rende diversi dal capolavoro che Dio vuole che diventiamo.
Perciò è per noi indispensabile poterci liberare dal peccato, volare liberi e in alto
e poter correre come il paralitico guarito.
Il peccato, più che offesa a Dio, è offesa a ciò che siamo chiamati a diventare.
Allora, amici, riconoscere la propria colpa significa,
diventare grandi, acquistare conoscenza, capire che il proprio limite non
è una gabbia che ci imprigiona, ma lo spazio in cui siamo chiamati a realizzarci.
Il nostro Dio, dice Gesù, è un Padre che perdona, che restituisce
dignità, che rende liberi di amare.
Tutti portiamo nel cuore delle tenebre, delle cose che ci spaventano,
delle cose che ci turbano, oscure.
Le tenebre esistono, inutile nasconderle.
Ma inutile anche lasciarsi influenzare; non lasciamo che le tenebre parlino
al nostro cuore, così che la nostra vita, come quella del Maestro,
diventi un unico, grande, ripetuto “sì”.
Potremo allora prendere in mano il lettino della nostra paralisi,
le abitudini oscure su cui ci eravamo adagiati, per tornarcene tranquillamente a casa.
Buona Domenica a tutti Fausto.

venerdì 17 febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 18 Febbraio 2012

Noi purtroppo cominciamo a credere solo quando
vediamo fatti strabilianti, fatti che ci lasciano a bocca
aperta, siamo in buona compagnia però, anche
gli Apostoli hanno fatto altrettanto.

Dal Vangelo secondo Marco (9,2- 13) anno B.
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo
e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero
splendenti, bianchissime; nessun lavandaio sulla terra
potrebbe renderle così bianche.
E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello
per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te,
una per Mosè e una per Elia”.
Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:
“Questi è il Figlio mio, l’amato; ascoltatelo!”.
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno,
se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare
ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio
dell’uomo fosse risorto dai morti.
Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?”.
Egli rispose loro: “Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma,
come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato.
Io però vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto,
come sta scritto di lui”. Parola del Signore.
Nell’esperienza estatica del monte della trasfigurazione, l’apice è rappresentato
dalle parole del Padre che raccomanda agli Apostoli-e quindi
anche a noi-di ascoltare il suo Figlio amato.
Questa rivelazione ha un significato importante poiché, tutte le volte che
apriamo il cuore alla grazia di Dio che ci viene donata nella sua Parola,
anche noi idealmente saliamo il Tabor per contemplare la bellezza del Cristo trasfigurato.
Non è quindi una questione di occhi che guardano, ma di orecchie che ascoltano.
I santi, ad esempio, sono coloro che non hanno sprecato nemmeno una
parola di quelle che hanno ascoltato dalla bocca di Dio, ma ne hanno fatto tesoro
mettendola in pratica; per questo la loro vita è stata una manifestazione
continua della luce di Cristo.
Allora prendiamo esempio dai santi, accogliamo e mettiamo in pratica la parola di Dio,
ed anche noi entreremo nella luce di Cristo, la preghiera ci aiuterà molto in questo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.