sabato 2 marzo 2013

Il Vangelo della 3° Domenica di Quaresima


Dal Vangelo secondo Luca (13,1-9) anno C.
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire Gesù il fatto di quei
Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere con quello dei loro sacrifici.
Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero

più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete

che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?
No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato

nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.
Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su

questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?
Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno

e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».
Parola del Signore.
Quaresima è il tempo del deserto, dicevamo nelle scorse domeniche, seguendo
le orme del Signore Gesù e quelle del popolo d’Israele liberato dall’Egitto.
Nel deserto della vita mettiamo in gioco la nostra libertà di vivere o di
lasciarci vivere, di essere protagonisti, cercando il senso e la misura di quello
che facciamo, oppure di lasciarci un po’ andare, seguendo la corrente.
Anche noi—come gli israeliti—talvolta preferiamo la sicurezza della
schiavitù piuttosto che diventare cercatori di Dio.
Siamo sinceri; non è più semplice lasciar pensare gli altri al posto nostro?
Non è più immediato e gradevole seguire mode e costumi
che ci rendono accettabili e piacevoli?
Il nostro Dio è silenzioso e nascosto, la nostra vita è un mistero che può essere
abbracciato o ignorato, la nostra fede può essere fragile e inutile o riempire la vita.
Quaresima è questo; cogliere l’occasione, giocarsi bene la libertà, vivere bene
il tempo che ci è dato, pensare con la nostra testa, puntare in alto, guardare oltre.
La pagina del Vangelo ci presenta Gesù che commenta due episodi di cronaca
successi in quel periodo a Gerusalemme; una repressione brutale nel Tempio
da parte dei soldati romani e il crollo della torre di Siloe.
Gesù—a sorpresa—afferma che gli uomini uccisi durante questi fatti
non erano più o meno peccatori degli altri.
Una frase detta con semplicità e che pure scardina molte nostre false sicurezze.
Quante volte mi sento dire: “Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”.
Malgrado l’apparenza ci spinge a pensare che la disgrazia è una punizione di Dio,
la Bibbia afferma il contrario; disgrazia e fortuna non sono legate al nostro comportamento,
ma diventano l’occasione, come ci dice Gesù, di accorgerci che la vita è un soffio
e che occorre davvero cogliere ogni momento pur guardare al Tabor.
La vita—ci ricorda il Maestro—è l’unica occasione che ci è data per scoprire la verità in noi.
La vita, fortunata o tragica che sia, non è che lo strumento con
cui impariamo a scoprire la pienezza nascosta nelle cose.
A Mosè che tentenna nell’andare a parlare di Dio al popolo, Dio racconta di sé,
dice il suo nome, e si svela come un Dio che conosce le sofferenze del popolo.
Se anche la nostra vita attraversa momenti di fatica, Dio non è lontano
e interviene, chiedendo a qualcuno di agire in nome suo.
Dio non guarda indifferente alle tragedie del mondo, ma chiede a noi,
come a Mosè, di renderlo presente accanto a chi soffre.
Al popolo che aspetta la liberazione Dio manda un pastore pauroso,
Mose, come liberatore.
La vita è un’opportunità da cogliere per scoprire chi è Dio e chi
siamo noi e il deserto è il luogo in cui esercitiamo la nostra libertà.
Non esiste una vita più o meno semplice, ma ogni vita è un soffio
breve che siamo chiamati a vivere con intensità e gioia.
Gesù ci svela il volto di un Dio che pazienta, che insiste perché il fico produca frutti.
La conversione, il cambiare atteggiamento, il riorientare
la nostra vita è il frutto che ci è chiesto.
Fermiamoci davanti agli eventi tristi della vita senza incolpare Dio
né scuotere la testa e tirare innanzi, ma guardiamoli come un monito
che la vita stessa ci rivolge per giocare bene la nostra partita.
Dio—da parte sua—è un Dio che conosce, che interviene, ma che rispetta,
trattandoci da adulti, le nostre scelte, anche se catastrofiche e schiavizzanti.
Sapremo svegliarci?
Allora non aspettiamo che la vita ci travolga, svegliamoci in tempo!
Santa Domenica Fausto.

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