(10,11-18) anno B.
In quel tempo, Gesù disse:
“Io sono il buon pastore.
Il buon pastore offre la vita per le pecore.
Il mercenario invece, che non è pastore
e al quale le pecore non appartengono,
vede venire il lupo, abbandona le pecore
e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario
e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie
pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io
conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.
E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste
io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno
un solo gregge e un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita,
per poi riprenderla di nuovo.
Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il
potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo.
Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore.
Gesù risorto spalanca il cuore di Tommaso e scioglie la
sua durezza e il suo dolore; presente in mezzo ai suoi apostoli,
apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture,
per capire la profondità del Mistero, per svelare loro che
Egli è l’unico Pastore, che sa dove condurci,
che lo fa seriamente, che lo fa con passione.
La sua morte non è stata un incidente di percorso,
ma l’offerta della sua vita per le sue pecore.
Gli apostoli hanno vissuto con Gesù per tre lunghi anni.
Solo dopo la risurrezione superano l’approccio superficiale
che hanno avuto con Gesù e cominciano a esplorare
le profondità del Mistero.
Come noi, cristiani di antica data, che necessitiamo
della luce del Risorto per scoprire chi è veramente Gesù.
Chi conduce la nostra vita?
Non crediamo alle favole dell’autonomia e dell’indipendenza;
siamo impregnati di pregiudizi, distratti dalle
attese di chi ci sta intorno; sedotti dal modello di vita
che ci raggiunge attraverso i media.
Sono molti i pastori della nostra vita; il temperamento,
l’educazione, ciò che gli altri si aspettano da noi,
i modelli sociali…!
È normale, inevitabile che sia così; rendersene conto è il
primo passo per scegliere e cambiare.
Per scegliere quale pastore ci convenga seguire.
Gesù è caustico e ci offre un criterio di giudizio; gli altri pastori
ci guidano per un loro tornaconto, sono mercenari.
Lui, invece, offre la sua vita per amore delle sue pecore.
Il sospetto è più che legittimo; chi mi chiede di adeguarmi
agli standard della contemporaneità molto spesso mi vende
le soluzioni, chi si aspetta da me delle cose lo fa
più per sé che per me.
Gesù no, il suo interesse è il mio bene, il suo unico desiderio è che
io possa pascolare in prati erbosi e dissetarmi a sorgenti d’acqua.
Egli è morto per indicarmi la strada, ha donato la sua vita per la mia.
Non so voi, io ho deciso da tempo e mai mi sono pentito di
questa scelta; scelgo Gesù come mio pastore, il vangelo come
metro di giudizio, l’amore come percorso per arrivare a Dio.
Gesù dice di essere l’unico pastore che mi ama,
che mi conosce e mi valorizza.
Gli altri padroni sono mercenari, mi amano per avere tornaconto.
Vero, molto vero; al mio datore di lavoro sto simpatico se produco,
a volte anche i miei amici e i mie parenti mi amano a patto
di comportarmi secondo ciò che essi si aspettano.
Dio ci ama gratis, quando lo capiremo?
Non ci ama perché siamo buoni ma, amandoci, ci rende buoni.
Il suo amore senza condizioni è vero e serio;
Gesù sceglie di donare la sua vita, non vi è costretto,
lo desidera e lo fa, perché davvero mi ama.
Anche noi, a sua immagine, siamo chiamati ad amare,
a dire ai fratelli che non credono qual è il vero volto di Dio,
ad allontanare i mercenari che ci considerano validi solo
se produciamo o consumiamo.
Vivere da pecore (non da pecoroni!) significa prendere sul serio
le parole di Gesù, riferirsi a Lui nelle scelte quotidiane, amare e
amarci come Lui ci ha chiesto, insomma vivere da risorti, da salvati.
Non si tratta di salvare il mondo, il mondo è già salvo,
si tratta di creare delle zone franche, degli spazi di verità nelle
nostre città isteriche, ovunque ognuno abita.
Nel realizzare questo grande sogno, aspettando che il
Regno contagi ogni uomo e lo renda felice, aspettando
il ritorno glorioso del Maestro, gnuno scopre di essere amato
e di avere un progetto (grande) da realizzare.
Che sia un premio Nobel o una colf poco importa, ognuno
ha un destino da realizzare, una vocazione da vivere.
In questo progetto alcuni fratelli sono chiamati da Dio
e dalla comunità a rendere presente il Cristo nel ministero
della Parola (spiegare le Scritture) e nella celebrazione
dell’Eucaristia e del Perdono.
Sull’esempio del Buon Pastore, con tutti i loro difetti e i loro
limiti, diventano i pionieri di questo cammino verso il Regno.
Vogliamo bene ai nostri preti!
Belli o brutti, simpatici o scontrosi, giovani o attempati!
Chiediamogli ciò che di più prezioso hanno; Cristo.
Per il resto, aiutiamoli a camminare nella serenità del
vangelo e, soprattutto, non giudichiamoli male perché
il mistero di una chiamata al sacerdozio è quanto di più
coinvolgente e totalizzante accada in una persona e non
può mai essere banalizzato dalla nostra superficialità,
perché si è impegnato nella possibilità di diventare
raccontatore di buone notizie, distributore gratis
di perdono e gioia, luogo in cui Dio pianta la sua tenda
in mezzo al popolo che ama.
Nell’augurarvi di rimanere sempre nell’ovile del Regno,
vi auguro una Santa Domenica Fausto.
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