sabato 25 febbraio 2012

Il Vangelo della Domenica del 26 Febbraio 2012

Ce lo dice anche Gesù, il tempo è compiuto,
noi invece ci comportiamo come se dovessimo
vivere 1000 anni; convertiamoci e crediamo al Vangelo.

Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15) anno B.
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto
ed egli vi rimase quaranta giorni, tentato da satana;
stava con le fiere e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella
Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete al vangelo».
Deserto finalmente!
Con questa domenica inizia ufficialmente l’olimpiade dello Spirito per prepararci alla Pasqua;
quaranta giorni per seguire il Maestro nel deserto, per imparare a essere discepoli,
per tornare a essere uomini.
Deserto, finalmente, scusa annuale per ritagliarci qualche minuto di preghiera,
per trovare uno spazio di silenzio nel caos del cuore e dello spirito,
per permettere alla nostra anima di raggiungere il nostro corpo, sempre di fretta,
sempre avanti (avanti, ma verso dove?).
Deposte le maschere (non quelle di carnevale), quelle che indossiamo nella vita
lugubri e false, ritroviamo il nostro vero “io” per incontrare il vero Dio.
Almeno una volta durante l’anno possiamo farlo, no?
Basta al pensare alla Quaresima come a un tempo penitenziale doloroso ma inevitabile,
come a un tempo in cui imporci delle rinunce (non sempre utili),
come a un tempo in cui metterci in volto la maschera del penitente.
La Quaresima è, al contrario, il tempo della verità, della verifica della propria vita,
della preparazione al grande evento.
Un tempo per allenarci spiritualmente.
A morte la mortificazione, allora, viva la vivificazione.
Non rendiamo più triste il nostro già triste cristianesimo,
rendiamolo più agile, più vero, più temprato, più cattolico.
Questo, certo, vorrà dire abbandonare l’uomo vecchio, ma per qualcosa di
ben più prezioso di una medaglia d’oro.
Nessun atleta fatica invano, la meta è sempre lì, il podio, la vittoria.
Gesù inizia la sua vita pubblica nel deserto.
C’è molta Bibbia, dietro questa scelta; i quarant’anni nel deserto d’Israele,
il deserto luogo d’incontro dei profeti, da Isaia a Osea, il Battista…
Ma c’è anche la voglia di capire cosa fare, come ci raccontano Matteo e Luca,
insoddisfatti dell’eccessiva stringatezza del giovane Marco.
Gesù, nel deserto, sceglie di pianificare la sua predicazione, sceglie quale Messia essere.
Nel deserto capisce che vuole essere un Messia diverso da quello che la gente si aspetta.
Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce.
Non cede alla tentazione di pensare a se stesso, né all’inciucio con il potere
civile e religioso, né alla tentazione del facile miracolo.
Gesù parlerà di Dio con il sorriso, convincerà il cuore delle persone con la predicazione.
Questa è la sua scelta.
Scelta prudente, all’apparenza; fra tre anni, nell’orto degli Ulivi, tornerà l’avversario
per sottolineare la sua infinita ingenuità e il suo clamoroso fallimento.
Anche noi seguiamo il Rabbì nel deserto per scegliere ancora che persone essere.
Non “cosa” essere, ma “come” esserlo.
Il “cosa” non dipende sempre da noi; opportunità, carattere, salute, tutto ci può
facilitare o bloccare, tutto ci può essere di supporto o di ostacolo.
Forse sei soddisfatto della vita che hai, del tuo lavoro, della tua vita affettiva,
della tua salute. O forse no.
Non è importane cosa sei diventato, ma come vuoi vivere.
Se anche fossi lo scopritore della cura contro il cancro e fossi un’orribile e
arrogante persona, agli occhi di Dio, saresti nulla.
Quaranta giorni nel deserto ci sono dati per scegliere, nonostante tutto,
se continuare ad amare.
Due i suggerimenti; il primo è percepire la fame; fame di Parola, di senso, di autenticità.
Un cuore sazio non si percepisce con autenticità, ecco allora la proposta del digiuno.
Digiuno simbolico, dalla TV, dalla fretta, ma anche digiuno autentico dall’eccesso
di cibo che, ricordiamocelo, appesantisce il nostro ciclo energetico.
Un digiuno per qualcosa, però.
Spegnere il televisore per giocare con mio figlio, rinunciare al filetto per aiutare un povero,
digiunare dal pettegolezzo per guardare agli altri con lo sguardo di Dio.
La seconda strada proposta è quella della preghiera.
Una preghiera fatta soprattutto di ascolto, più che di richiesta.
È questo il tempo di leggere la Parola, tutti i giorni, dieci minuti, con calma.
Invocare lo Spirito prima, staccare il telefono e leggere la Parola,
magari quella della domenica.
Leggerla con calma, assaporandola, lasciandola scendere nel cuore, senza fretta.
Infine spalancare il cuore, dare aria alle pareti ammuffite, fare una pulizia generale,
solo così la Parola può fruttificare dentro di noi.
Una santa Quaresima a tutti voi amici, Fausto.

venerdì 24 febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 25 Febbraio 2012

Ancora una volta ci troviamo a mormorare,
sempre pronti a puntare il dito contro qualcuno e,
non riusciamo a guardare il nostro cuore.

Dal Vangelo secondo Luca (5,27-32) anno B.
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi
seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”.
Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.
C’era una folla di pubblicani e d’altra
gente seduta con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli:
“Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?”.
Gesù rispose: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico,
ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”.
Parola del Signore.
Per Dio i giochi non sono mai fatti per sempre, in maniera definitiva;
Egli è sempre alla ricerca di chi gli apra il cuore e la vita per poterla
cambiare e far entrare la luce, la gioia e la pace.
La conversione, evento fondamentale su cui si fonda il significato della Quaresima,
è un atteggiamento che ci fa accorgere come Gesù continui a cercarci e
a chiamarci ad una vita di apertura a Lui e agli altri.
Levi era un uomo che non poteva vantare titoli particolari di bravura
o di santità davanti a Dio; il suo conto con Lui era decisamente in rosso,
eppure…egli ebbe il coraggio di credere che il Signore cercava proprio lui;
egli si riconobbe malato e bisognoso di guarigione; solo allora il
suo processo di conversione ebbe davvero inizio.
Convertiamoci e crediamo al Vangelo, non si sa mai che il Signore passi
dalle nostre parti e ci chiami, per essere pronti alla chiamata preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

giovedì 23 febbraio 2012

Il Vangelo del Venerdì 24 Febbraio 2012

Dobbiamo sempre guardare quello che fanno gli altri,
per questo non siamo sereni nella nostra vita,
facciamo sempre osservazioni.

Dal Vangelo secondo Matteo (9,14-15) anno B.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di
Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo
molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”.
E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze
essere in lutto finchè lo sposo è con loro?
Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”.
Parola del Signore.
Con la persona di Gesù, il digiuno assume un significato nuovo; esso per i discepoli di Gesù
non è più solo una pratica ascetica, ma ha il significato di attesa e di compimento.
I discepoli, che adesso godono della presenza del Maestro, si accorgeranno quando
Egli sarà tolto da loro, cosa significhi provare il dispiacere della sua mancanza.
Ma Egli ha promesso che tornerà glorioso, un giorno, per instaurare definitivamente
il regno di Dio sulla terra; per questo, dal giorno della sua Ascensione al cielo,
essi digiunano in segno di attesa e di vigilanza.
Il Signore ci chiama a riscoprire il significato del digiuno nella nostra vita;
esso sia segno del nostro amore fattivo e concreto per i fratelli e di attesa
vigilante del ritorno del Signore sulla terra.
Nell’attesa dell’evento più grande, del ritorno del Signore, aiutiamoci con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi
li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

martedì 21 febbraio 2012

Il Vangelo del Mercoledì 22 Febbraio 2012

Purtroppo è spesso così, per mettere in pace
la nostra anima sbandieriamo quel poco che facciamo,
perché tutti ci possano ammirare ed elogiare,
non è questo quello che il Signore vuole da noi.

Dal Vangelo secondo Matteo (6,1-6. 16-18. Mercoledì delle Ceneri.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti
agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non
avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli.
Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te,
come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade
per essere lodati dagli uomini.
In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe
e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini.
In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta,
prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti,
che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano.
In verità vi dico; hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto,
perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto;
e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Parola del Signore.
Secondo Gesù, tre sono gli ambiti in cui si distingue la vera religiosità da quella falsa;
l’elemosina, la preghiera e il digiuno.
Essi devono essere manifestazione di una volontà di rinnovamento interiore,
e non un modo per mettersi in mostra.
Dunque, la vera penitenza è anzitutto quella che parte dal cuore e
che trova in esso la sua motivazione profonda; per questo cerchiamo di valorizzare
in questo Tempo forte le tre istanze sottolineate dal Vangelo, cercando soprattutto
di viverle nel nascondimento, in modo che Dio possa vedere
la buona volontà che anima le nostre azioni.
Solo questa è la vera penitenza a Lui gradita, che dà senso a tutte
le altre penitenze che lo Spirito ci suggerirà di attuare con generosità.
Per poter sentire il soffio dello Spirito, il può concreto aiuto lo avremo dalla preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona Quaresima.

lunedì 20 febbraio 2012

Il Vangelo del Martedì 21 Febbraio 2012

Scopriamo oggi che purtroppo il più delle
volte corriamo chi sa dove, nella speranza
di trovare Dio e non ci accorgiamo di averlo accanto;
dove? Nel più piccolo essere che c’è vicino a noi; il bambino.

Dal Vangelo secondo Marco (9,30-37) anno B.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la
Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro:
“Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà”.
Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafàrnao.
E quando fu in casa, chiese loro: “Se uno vuol essere il primo,
sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”.
E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
“Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me;
chi accoglie me, non accoglie me, ma chi mi ha mandato”. Parola del Signore.
Proprio nel momento in cui Gesù parla sempre più apertamente del destino che lo attende,
Egli sente l’urgenza di far capire ai suoi discepoli il centro del suo messaggio.
Quando essi cercheranno di apparire e di essere grandi secondo la logica del mondo,
essi saranno sempre perdenti, anche se tutto il mondo dovesse andare loro dietro.
L’importante non è convertire il mondo, ma fare quello che ha fatto Lui,
cioè essere servi di tutti.
Questo vuol dire fare come ha fatto Lui, accettando la sconfitta e l’apparente
delusione di una missione che sembra destinata a fallire del tutto.
Tutti noi sappiamo che non è così, ma ci vuole comunque una grande fede e
forza d’animo per essere convinti che nel servizio silenzioso e nascosto ci sia la felicità.
Rimaniamo nascosti ed operiamo il bene per poter guadagnarci il paradiso, riusciremo a farlo meglio pregando.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo
ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

sabato 18 febbraio 2012

Il Vangelo della Domenica 19 Febbraio 2012

Oggi amici, conosciamo delle persone che
hanno una grande fede, la fede ti fa arrampicare
fin sui tetti delle case, certi che il Signore li avrebbe esauditi.

Dal Vangelo secondo Marco (2,1-12) anno B.
Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao.
Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone,
da non esserci più posto neanche davanti alla porta,
ed egli annunziava loro la parola.
Si recarono da lui con un paralitico
portato da quattro persone.
Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il
tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui
giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico:
“Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.
Erano là seduti alcuni scribi che pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così?
Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”.
Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?”.
E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé,
disse loro: “Perché pensate queste cose nei vostri cuori?
Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono perdonati i peccati,
oppure dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?
Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati,
ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”.
Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti
si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.
Parola del Signore.
Gesù non risolve il problema del dolore né la parola di Dio dona una risposta univoca
e definitiva per spiegare l’esistenza della sofferenza.
Dio, invece di fornire una motivata ragione al dolore dell’uomo,
lo condivide e lo salva, lo redime.
Il lebbroso è guarito, certo, ma soprattutto riceve amore da parte di
colui che è venuto per farsi carico della nostra immensa fragilità.
La Parola ci svela il volto di un Dio che non sta guardando dall’alto la fatica
degli uomini, ma la vive sulla propria pelle e la riempie di speranza.
C’è il dolore fisico della malattia invalidante, che diventa una sanguisuga
che assorbe ogni pensiero e ogni energia.
C’è il dolore psichico, sempre più diffuso, che conduce le persone alle soglie della disperazione.
C’è il dolore, ignorato, del peccato che ci paralizza, che c‘impedisce di amare.
È il dolore su cui oggi riflette la Parola.
Proviamo tutti compassione e pena per le persone ammalate, sentiamo tutti un
profondo dolore quando qualcuno che amiamo si ammala.
Al tempo di Gesù non era così; la gente pensava che la malattia fosse una punizione
divina a un peccato, e quanto più era grave la malattia, tanto più la persona colpita aveva peccato.
Gli ammalati cronici (ciechi, lebbrosi, paralitici) erano, quindi, guardati con sufficienza e giudizio.
Il paralitico portato davanti a Gesù è considerato un grande peccatore, ha peccato lui o
quegli sciagurati dei suoi genitori che hanno provocato l’ira divina!
È un ragionamento folle, ma che non fa una grinza (certo, Dio ne esce fuori un po’ male).
Gesù, diversamente dagli altri, non crede che la malattia e la disgrazia siano una punizione divina,
vede in quest’uomo tutta la fatica di sopportare una situazione drammatica,
ma vede anzitutto la parte oscura che abita il cuore del paralitico.
Marco non dice nulla dello stato d’animo di quest’uomo, che
viene portato forzatamente davanti a Gesù.
Non è però difficile immaginare un vissuto di dolore e di disperazione,
di bestemmia e di rabbia davanti a una sorte così avversa, aggravata dal disprezzo della gente.
Gesù vede la paralisi del corpo e, ancora più radicata e devastante, vede la paralisi del suo cuore.
E le guarisce entrambe.
Scordarsi il peccato, è un peccato!
Oggi non si pecca più, meno male.
Per peccare bisogna almeno fare il kamikaze o stuprare i bambini,
per il resto sono solo cattive abitudini o innocenti trasgressioni.
Forse è una reazione a una visione incentrata sul peccato di una certa
predicazione del passato; da “tutto è peccato” a “quasi nulla è peccato”
il passo è stato breve ma, ahimè, ci ha fatto perdere l’equilibrio.
In un giorno di nebbia tutto è grigio uguale; solo la parola di Dio
può disegnare le ombre della nostra vita.
Purtroppo abbiamo ancora un approccio moralistico al peccato, come se
peccare fosse trasgredire alla legge di un Dio geloso della libertà, che ci
mette i paletti nella vita solo per farci tribolare (e tanto).
Un approccio adolescenziale; in fondo ci sono molte persone che vivono peggio di me,
cosa vuole Dio dalla mia vita?
Nulla, Dio non vuole nulla dalla mia vita.
La Scrittura ci svela un Dio che desidera per me la felicità, e sa come ottenerla.
È lui che mi ha creato, lui sa come funzionano, forse varrebbe la pena di
ascoltarlo con maggiore attenzione e serietà.
Le parole che Dio ci dona sono l’indicazione verso un percorso di pienezza,
di libertà, di gioia profonda e duratura.
Il peccato è male perché ci fa del male, Dio mi ha pensato come un capolavoro,
e io mi accontento di essere una fotocopia sbiadita.
Il peccato dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione, perché c’è in gioco
la nostra realizzazione profonda, la nostra verità interiore che
Dio conosce e che mi aiuta a scoprire.
Non possiamo inventarci i peccati, o farci fare l’esame di coscienza dal
mondo contemporaneo (non è vero che non c’è più senso del peccato, c’è,
fortissimo, il senso del peccato degli altri!”; è la frequentazione di Cristo
che ci porta alla conoscenza del nostro limite, per affidarglielo e trasfigurarlo.
È difficile conoscere ciò che è male, il male si presenta sempre come un ipotetico
bene per sedurci e ingannarci.
Il male è tutto ciò che ci rende diversi dal capolavoro che Dio vuole che diventiamo.
Perciò è per noi indispensabile poterci liberare dal peccato, volare liberi e in alto
e poter correre come il paralitico guarito.
Il peccato, più che offesa a Dio, è offesa a ciò che siamo chiamati a diventare.
Allora, amici, riconoscere la propria colpa significa,
diventare grandi, acquistare conoscenza, capire che il proprio limite non
è una gabbia che ci imprigiona, ma lo spazio in cui siamo chiamati a realizzarci.
Il nostro Dio, dice Gesù, è un Padre che perdona, che restituisce
dignità, che rende liberi di amare.
Tutti portiamo nel cuore delle tenebre, delle cose che ci spaventano,
delle cose che ci turbano, oscure.
Le tenebre esistono, inutile nasconderle.
Ma inutile anche lasciarsi influenzare; non lasciamo che le tenebre parlino
al nostro cuore, così che la nostra vita, come quella del Maestro,
diventi un unico, grande, ripetuto “sì”.
Potremo allora prendere in mano il lettino della nostra paralisi,
le abitudini oscure su cui ci eravamo adagiati, per tornarcene tranquillamente a casa.
Buona Domenica a tutti Fausto.

venerdì 17 febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 18 Febbraio 2012

Noi purtroppo cominciamo a credere solo quando
vediamo fatti strabilianti, fatti che ci lasciano a bocca
aperta, siamo in buona compagnia però, anche
gli Apostoli hanno fatto altrettanto.

Dal Vangelo secondo Marco (9,2- 13) anno B.
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo
e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero
splendenti, bianchissime; nessun lavandaio sulla terra
potrebbe renderle così bianche.
E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello
per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te,
una per Mosè e una per Elia”.
Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:
“Questi è il Figlio mio, l’amato; ascoltatelo!”.
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno,
se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare
ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio
dell’uomo fosse risorto dai morti.
Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?”.
Egli rispose loro: “Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma,
come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato.
Io però vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto,
come sta scritto di lui”. Parola del Signore.
Nell’esperienza estatica del monte della trasfigurazione, l’apice è rappresentato
dalle parole del Padre che raccomanda agli Apostoli-e quindi
anche a noi-di ascoltare il suo Figlio amato.
Questa rivelazione ha un significato importante poiché, tutte le volte che
apriamo il cuore alla grazia di Dio che ci viene donata nella sua Parola,
anche noi idealmente saliamo il Tabor per contemplare la bellezza del Cristo trasfigurato.
Non è quindi una questione di occhi che guardano, ma di orecchie che ascoltano.
I santi, ad esempio, sono coloro che non hanno sprecato nemmeno una
parola di quelle che hanno ascoltato dalla bocca di Dio, ma ne hanno fatto tesoro
mettendola in pratica; per questo la loro vita è stata una manifestazione
continua della luce di Cristo.
Allora prendiamo esempio dai santi, accogliamo e mettiamo in pratica la parola di Dio,
ed anche noi entreremo nella luce di Cristo, la preghiera ci aiuterà molto in questo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

giovedì 16 febbraio 2012

Il Vangelo del Venerdì 17 Febbraio 2012

Gesù ci chiede di prendere la nostra croce e seguirlo,
troppo complicato, troppo pericoloso seguirlo con
un peso sulle spalle, meglio la vita tranquilla fin
che si può è la risposta di tanti di noi.

Dal Vangelo secondo Marco (8,34-9,1) anno B.
In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli,
Gesù disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi perderà la propria vita per causa mia
e del vangelo, la salverà.
Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero,
se poi perde la propria anima?
E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio
della propria anima?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice,
anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del
Padre suo con gli angeli santi”.
E diceva loro: “In verità vi dico; vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza
aver visto il regno di Dio venire con potenza”. Parola del Signore.
Prender la propria croce non piace a nessuno.
Significa accogliere nella propria vita quel carico di sofferenza, di scomodità e soprattutto
di accettare su di noi un piano che non sempre incontra il nostro favore ed il nostro piacere.
A Gesù non sarebbe piaciuto andare a morire in quel modo sulla croce!
Eppure il Signore sapeva che attraverso quella via passava il suo modo di
mettere in pratica la volontà di Dio.
Certe volte ci sembra che Dio ci chieda di fare o di accettare delle cose disumane,
e non siamo così impegnati a difenderci da esse da non capire che invece proprio
in quel piano c’è la nostra salvezza e la nostra realizzazione.
Prendiamo la nostra croce con gioia, consapevoli che quando accettiamo di portarla,
è lei che porta noi verso il cielo.
Impariamo allora da Gesù a portare la nostra croce senza lamentarci,
ma portiamola con serenità, lo faremo meglio con la preghiera.

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li
rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

mercoledì 15 febbraio 2012

Il Vangelo del Giovedì 16 Febbraio 2012

Facciamo molta fatica a capire la sofferenza
e la morte, le rifiutiamo, anzi, rimproveriamo
Dio quando queste ci toccano da vicino.

Dal Vangelo secondo Marco (8,27-33) anno B.
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo,
e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo:
“La gente, chi dice che io sia?”.
Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista;
altri dicono Elia e altri uno dei profeti”.
Ed egli domandava loro: “Ma voi,
chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”.
E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire
molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi,
venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo.
Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e
disse: “Và dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Parola del Signore.
Certe informazioni sbagliate messe in giro dai discepoli di Gesù sono
molto più pericolose delle calunnie dei suoi detrattori.
Per questo il Signore intima a Pietro, e a tutti gli altri, di tacere
sulla sua reale identità.
Gli Apostoli, sebbene abbiano intravisto in Gesù il Messia atteso,
non hanno ancora la capacità di comprendere le implicazioni
che tale titolo porta con sé.
Il destino del Messia s’incrocia inesorabilmente con la sofferenza e la
croce; ma per gli Apostoli ciò suona ancora come uno scandalo.
Chiediamo sempre al Signore lo Spirito Santo, affinchè possiamo
testimoniare con semplicità e con sincerità; se portassimo alle persone
un’immagine di Cristo Gesù che non corrisponde alla verità, faremmo
del male a noi e agli altri.
Testimoniamo con la nostra vita, chi è veramente il Signore,
certamente con la preghiera ci riusciremo meglio.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci
indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

martedì 14 febbraio 2012

Il Vangelo del Mercoledì 15 Febbraio 2012

Siamo molto spesso ciechi,
non riusciamo purtroppo, vedere i
doni che il Signore ci concede, solo perché
spesso e volentieri chiediamo cose inutili.

Dal Vangelo secondo Marco (8,22-26) anno B.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero
a Betsàida, dove gli condussero un cieco
pregandolo di toccarlo.
Allora, preso il cieco per mano,
lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi,
gli impose le mani e gli chiese: “Vedi qualcosa?”.
Quegli, alzando gli occhi, disse: “Vedo gli uomini, infatti vedo come
degli alberi che camminano”.
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente
e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa.
E lo rimandò a casa dicendo: “Non entrare nemmeno nel villaggio”.
Parola del Signore.

Perché Gesù vuole portare il cieco fuori del villaggio?
Perché il miracolo viene fatto in due riprese?
Forse che il Signore non sa compiere il miracolo?
In realtà, il testo di Marco vuole comunicarci un messaggio più profondo.
Gesù, per aiutare il cieco, ha bisogno di prenderlo anzitutto per mano;
egli deve imparare a fidarsi di Colui che è la luce del mondo,
per poter guarire anche esteriormente.
Ma per aprirsi del tutto a questa luce, ha bisogno, come gli altri discepoli,
di essere introdotto progressivamente nel mistero di Gesù Cristo, il vero Messia.
Solo allora egli potrà iniziare una vita completamente nuova; il villaggio,
dunque, diviene un luogo simbolo di una vita trascinata e vissuta a metà,
di cui il miracolato non ha più bisogno.
Apriamo bene gli occhi, fissiamo lo sguardo su Gesù Cristo e, usciamo dal
villaggio di pietra del nostro cuore,
lo faremo più facilmente con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

lunedì 13 febbraio 2012

Il Vangelo del Martedì 14 Febbraio 2012

Gesù ci chiede di donare la pace,
ma spesso e volentieri manca anche
nelle nostre case, nelle nostre comunità e
spesso anche dentro di noi.

Dal Vangelo secondo Luca (10,1-9) anno B.
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue
e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città
e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: “La messe è abbondante,
ma sono pochi gli operai!
Pregate dunque il signore della messe,
perché mandi operai nella sua messe!
Andate; ecco, vi mando come agnelli in
mezzo a lupi; non portate borsa,
né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite”Pace a questa casa!”.
Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui,
altrimenti ritornerà su di voi.
Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché
chi lavora ha diritto alla sua ricompensa.
Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che
vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro; è vicino a
voi il regno di Dio. Parola del Signore.
Sin dall’inizio della vita della Chiesa, la predicazione del Vangelo
coincise con l’annuncio della pace.
Evidentemente non si tratta soltanto di augurare una generica
tranquillità; augurare la pace significa chiedere per la persona la pienezza
delle benedizioni di Dio, che nella mentalità ebraica coincideva proprio con
uno stato di grazia e di gioia.
Molti secoli dopo, san Francesco d’Assisi iniziò il suo ministero di
predicazione annunciando la pace a tutti; dunque, anche noi possiamo essere
testimoni di quella pace che il Signore ci ha donato, anzitutto cercando di
viverla in noi e attorno a noi.
Dopodiché, possiamo esserne testimoni tutte le volte che annunciamo con
la vita—prima che con le parole—che abbiamo incontrato Gesù Cristo e che è Lui la persona più importante per noi.
Allora mettiamoci alla ricerca, cerchiamo di incontrare Cristo, poi
facciamolo trasparire attraverso di noi a tutti i fratelli,
lo faremo meglio pregando.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli
dei secoli. Amen.
Buona giornata.

domenica 12 febbraio 2012

Il Vangelo del Lunedì 13 Febbraio 2012

Noi se non vediamo i miracoli non crediamo,
sembra che, se non vediamo qualche segno,
può scendere anche il Signore in persona
purtroppo rimaniamo refrattari.

Dal Vangelo secondo Marco (8,11-13) anno B.
In quel tempo, vennero i farisei e incominciarono
a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo,
per metterlo alla prova.
Ma egli, con un profondo sospiro, disse:
“Perché questa generazione
chiede un segno? In verità vi dico; non sarà dato alcun segno a questa generazione”.
E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all’altra sponda. Parola del Signore.

Credi che se Gesù avesse dato il segno che chiedevano avrebbero creduto?
I farisei in realtà non volevano capire con chi avevano a che fare, e
preferivano trattare Gesù come un semplice saltimbanco e prestigiatore.
Ma Gesù non si piega ai giochetti inutili dei suoi detrattori e li
lascia soli, schiavi della loro cecità e prigionieri della loro ottusità.
Cerchiamo di guardarci bene da ogni forma di strumentalizzazione della
fede che riduce la liturgia, la fede ed il culto della Chiesa a semplice
spettacolo folkloristico.
La fede in Cristo è ben altro.
Il Signore non ha bisogno di processioni al limite della superstizione
o di celebrazioni di sacramenti in forma teatrale; Egli cerca la nostra
adesione di fede del cuore, nell’impegno quotidiano.
Impegniamoci ogni giorno nella ricerca del Signore Gesù, senza
aspettare nessun segno, lo faremo meglio con la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il
frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

Il Vangelo della 6° Domenica del Tempo ordinario.

Dal Vangelo secondo Marco (1,40-45) anno B.

In quel tempo, venne a Gesù un lebbroso:
lo supplicava in ginocchio e gli diceva:
“Se vuoi, puoi guarirmi!”.
Mosso a compassione, stese la mano,
lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”.
Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.
E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:
“Guarda di non dir niente a nessuno, ma va’,
presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione
quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro”.
Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e
a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più
entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori,
in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte. Parola del Signore.

Gesù esce dalla sinagoga e inizia a guarire la suocera di Pietro, poi evangelizza,
scaccia i demoni e conclude la sua giornata pregando.
Noi, spesso, usciamo dalla sinagoga e chiudiamo il cassetto della vita religiosa;
se ne riparlerà tra una settimana, Dio ha avuto la sua razione di devozione.
Gesù trova nella preghiera la forza per cambiare, per lasciarsi consumare dagli altri,
per rendere presente con la sua vita il regno di Dio, per raccontare non la
“buona novella”, ma diventando Lui stesso la buona
notizia di un Dio che si è avvicinato.
In questo percorso, in maniera brutale, inquietante, scomoda,
Gesù fa esperienza del male nella sua forma più misteriosa;
la malattia e il dolore che l’accompagna.
Il dolore dell’innocente, non quello provocato dalla malvagità degli uomini
(le guerre sono opera nostra; Dio non c’entra!), ma quello che tragicamente
colpisce la vita di certe persone è l’obiezione più radicale all’esistenza di Dio,
e all’esistenza di un Dio buono, come Gesù pretende di annunciare.
Nella vita di ognuno di noi il dolore è presente.
La morte improvvisa di una sposa, la malattia di un bambino, il lutto che
decima una famiglia, sono esperienze che, quando bussano alla porta,
sminuzzano la fede con una lametta, facendola sanguinare e, spesso, spegnendola.
Le parole diventano vuote, il volto di Dio offuscato, le gestualità
prive di significato e di forza consolatrice.
Quando avevo meno esperienza pensavo, ingenuamente, che al discepolo
la sofferenza fosse risparmiata o, almeno, attenuata.
Ma se Dio stesso è stato provato dal dolore, perché mai la
mia vita dovrebbe esserne esente?
I ragionamenti che maldestramente tentiamo di opporre al non
senso del dolore rischiano di essere esercizi vuoti di retorica e di pietismo,
dimenticando l’immensa lezione della Scrittura che rifiuta di dare una
risposta univoca alla sofferenza del giusto.
Molti percorsi sono stati individuati nello snocciolare dell’esperienza
religiosa d’Israele; dalla sofferenza come “punizione” di Dio per i peccati
commessi, alla sofferenza come strumento di prova per raffinare la propria fede.
Altri percorsi, nel corso della storia, li ha aggiunti il cristianesimo, a volte con
intuizioni profonde e ispirate, più spesso con riflessioni superficiali prive di misericordia.
Certo, soffriamo, come gli alberi che perdono le foglie, come gli stambecchi
che sentono la morte avvicinarsi, come il ciclo delle stagioni; siamo animali,
perché dovremmo essere esenti dall’universale legge del cambiamento che regola l’universo?
Eppure l’uomo è l’unico essere vivente che si pone domande sulla sua vita.
E sulla sua morte.
Certe risposte alla domanda di senso, poi, ci lasciano ancora più perplessi.
Modi di dire, ovvio, che diamo per scontati, ma che negano il volto del Dio di Gesù.
“Dio ci mette alla prova, facendoci soffrire, così cresciamo”.
Cioè; visto che la sofferenza è inevitabile, taglio il braccio a mio figlio, così cresce
affrontando da subito il dolore!
“Dio prende con sé sempre i migliori” si sente dire spesso,
alla morte di una persona cara e buona.
Cioè; mi comporto malissimo, faccio lo sciagurato, così almeno
Dio mi lascia vivere fino a cent’anni!
No, amici, no.
Non sono l’avvocato difensore di Dio, non so dare risposte,
diffido di chi me le vuole rifilare, di chi usa la verità assoluta
come s’inzuppa il biscotto nel caffelatte!
Non abbiamo bisogno di risposte, se Dio venisse e facesse una
conferenza stampa in cui spiegasse la ragione della sofferenza, non avrei,
comunque, nessuna soddisfazione.
Io non voglio risposte; voglio non soffrire.
La Parola di oggi c’illumina; Gesù chiede al lebbroso guarito il silenzio.
Non vuol passare come un guaritore, come un santone, certo, ma vuole anche
indicarci il silenzio come unica strada per riflettere sul dolore.
Dio tace di fronte al dolore e lo porta con sé, lo salva, lo riempie di condivisione.
Gesù non dona nessuna risposta al dolore, lo condivide con passione.
Leggendo il Vangelo di oggi, troviamo un blando sentimento
di “compassione” che Gesù rivolge al lebbroso.
Ma Gesù, credo che abbia provato rabbia verso il male,
perché vede in esso la vittoria del nemico.
La vita è dolore, diciamo, di fronte alla sofferenza.
La vita è dolore, e l’unica soluzione per non soffrire sarebbe il distacco dalle passioni.
Gesù propone nella solidarietà condivisa l’alternativa.
Un dolore condiviso e redento ci rende autentici, dona forza e speranza,
mantenendo intatto l’aspetto misterioso (mistico) del dolore del mondo.
Condividiamo allora il dolore, rimaniamo vicini alle persone nella sofferenza
dolorosa della vita, senza falsità e proclami.
Buona Domenica Fausto.

venerdì 10 febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 11 Febbraio 2012

Abbiamo sempre tanta fame e Gesù stesso è
costretto a sfamarci; ma la nostra fame è soprattutto
fame della Parola del Signore, siamo sempre
a digiuno della Parola, ecco perchè dobbiamo
continuamente leggerla, perchè ci riempia il cuore.

Dal Vangelo secondo Marco (8,1-10) anno B.
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla
e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a
sé i discepoli e disse loro: “Sento compassione per la folla; ormai da
tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare.
Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino;
e alcuni di loro sono venuti da lontano”.
Gli risposero i suoi discepoli: “Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?”.
Domandò loro: “Quanti pani avete?”. Dissero: “Sette”.
Ordinò alla folla di sedersi per terra.
Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli
perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.
Avevano anche pochi pesciolini, recitò la benedizione su di
essi e fece distribuire anche quelli.
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati; sette sporte.
Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.
Parola del Signore.

Siamo ancora in territorio pagano e una grande folla si raduna intorno a Gesù.
È commovente l’attenzione con cui queste persone, pur
non appartenendo alla religione ebraica, ascoltano le parole di Gesù.
Egli stesso, certamente commosso per l’attenzione che pongono
nell’ascoltarlo, prende l’iniziativa perché non tornino a casa senza
mangiare.
Ancora una volta si scontra con la ragionevole grettezza dei discepoli,
i quali continuano a rispondergli che non è possibile sfamare tanta gente.
Essi credono più alla loro saggezza che alle parole di Gesù.
Eppure aveva detto loro: «Tutto è possibile a chi crede».
E seppure non ricordavano queste parole, come spesso capita
anche a noi di dimenticare il Vangelo, avrebbero però dovuto pensare
al miracolo della moltiplicazione compiuto precedentemente.
Ancora una volta è Gesù che prende l’iniziativa.
Ed è lui che prende nelle sue mani quei pani (appena sette) e li moltiplica per tutti.
È la seconda volta (la prima è stata in Galilea) che
Marco riporta la moltiplicazione dei pani.
Questa volta avviene in territorio pagano, quasi a voler dire
che il pane va moltiplicato in ogni tempo ed in ogni terra.
Quanta fatica facciamo a riconoscere le grazie del Signore,
eppure Lui in continuazione ce le dona, sta a noi riconoscerle,
lo faremo più facilmente pregando.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

giovedì 9 febbraio 2012

Il Vangelo del Venerdì 10 Febbraio 2012

Noi purtroppo, siamo sempre sordi, ciechi e muti,
tante volte per convenienza, a volte per pigrizia,
a volte per non esporsi, ma Gesù ci dice in continuazione:
“Apriti”, apriamoci una buona volta e seguiamo il Signore.

Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37) anno B.
In quel tempo, di ritorno dalla regione di Tiro,
Gesù passò per Sidone, dirigendosi verso il mare
di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
E gli condussero un sordomuto, pregandolo
di imporgli la mano.
E portandolo in disparte lontano dalla folla,
gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi
verso il cielo, emise un sospiro e disse: “Effatà” cioè: “Apriti!”.
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno.
Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. Parola del Signore.
Questo sordomuto è un personaggio decisamente interessante sul quale è bene soffermarci per capire cosa il Signore voglia da noi.
Il contesto del brano è quello del discepolato, per cui Marco vuole dirci che quell’uomo impacciato nel parlare e sordo è il modello di ogni discepolo di Gesù.
Egli guarisce la sua sordità e la sua incapacità di parlare; dietro questo miracolo c’è in realtà la possibilità di entrare nuovamente in relazione con gli altri, e soprattutto con Dio.
Adesso l’uomo è nuovamente in grado di ascoltare la parola di salvezza di Dio.
Ogni giorno il Signore vuole guarirci dalla sordità e dalla durezza di cuore.
Ma l’abitudine, la superficialità e la distrazione che c’è nel nostro cuore rendono difficile la sua azione.
Apriamo il cuore, lasciamo che il Signore vi entri e ci guarisca, facciamolo soprattutto attraverso la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

domenica 5 febbraio 2012

Il Vangelo di Lunedì 6 Febbraio 2012.

Quando si è ammalati, vorremmo che qualcuno
con la bacchetta magica ci facesse guarire subito,
purtroppo non è così, invece qualcuno ci può guarire
subito se siamo malati nella fede, quello è Gesù con
la sua Parola, basta ascoltarla.

Dal Vangelo secondo Marco (6,53-56) anno B.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la
traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.
Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, e
accorrendo da tutta quella regione cominciarono a
portargli sui lettucci gli ammalati,
dovunque udivano che si trovasse.
E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne,
ponevano gli infermi nelle piazze e lo pregavano di
potergli toccare almeno il mantello; e quanti lo toccavano guarivano. Parola del Signore.
Gesù guariva passando per le città ed i villaggi.
Gesù guarisce ancora passando per le nostre città ed i nostri paesi.
Il suo potere di guarigione non è esaurito; piuttosto ciò che è notevolmente
diminuito è la nostra fede in Lui.
Il ogni caso, dobbiamo fare attenzione anche noi ad un fatto;
guai a cercare Gesù solo per la guarigione che ne può conseguire.
Quelle guarigioni e liberazioni erano segno ed effetto di una grande,
unica ed eterna liberazione operata sulla croce.
Ma quanti hanno capito questa verità?
Per molti Gesù è rimasto un semplice taumaturgo e guaritore,
e non hanno capito il suo messaggio di salvezza.
Facciamo attenzione a che non capiti la stessa cosa anche a noi;
cerchiamo il Signore per le grazie che ci dona, e non solo per le grazie che chiediamo.
Lasciamo che sia Il Signore a donarci le grazie, non noi a chiederle,
piuttosto, impariamo a riconoscerle attraverso la preghiera.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

sabato 4 febbraio 2012

Il Vangelo della Domenica 5 Febbraio 2012

La giornata del Messia.
Dal Vangelo secondo Marco (1,29-39).
Il primo miracolo nel Vangelo di Marco è la
guarigione di un indemoniato che siede tra le file
dei credenti della sinagoga di Cafarnao.
Il forte, destabilizzante messaggio che Marco
vuole lanciare all’inizio del suo vangelo è l’invito
a guardare all’interno della comunità dei credenti,
per vedere se vi siano degli atteggiamenti
di fede “demoniaci”.
Demoniaca è una fede che non vuole che il
vangelo esca dalle chiese per entrare nella vita
(“Che centri con noi, Nazzareno?”),
demoniaca è una fede che vede in Dio un concorrente
(“Sei venuto per rovinarci?”).
Gesù, con la sua parola autorevole, è venuto per guarire nel profondo ciascuno di noi.
Subito dopo la guarigione dell’indemoniato, Marco sintetizza la giornata di Gesù;
è un susseguirsi di impegni, di predicazione, di guarigione, una giornata frenetica
dedicata all’annuncio del Regno e all’amore verso i fratelli, che però si tiene
insieme grazie alla preghiera notturna di Gesù.
La prima guarigione nel Vangelo di Marco è quella della suocera di Pietro, colpita dalla febbre.
Una volta guarita, si mette a servire Gesù e gli apostoli, preparando loro il pranzo.
Gesù si presenta subito come colui che libera dal dolore, dando risposta alla caustica
invocazione di Giobbe che vede la vita come un inutile sovrapporsi di sofferenze.
Molte persone, purtroppo, fanno esperienza del dolore come elemento determinante
della propria vita, arrivando alla conclusione di Giobbe e di molti altri grandi del passato;
la vita è un susseguirsi di eventi dolorosi.
Come uscirne?
Come credere nella bontà di Dio in un contesto di continua sofferenza?
Qual è il senso della vita se il dolore e la sofferenza negano questo senso?
La Parola non dona risposte semplici e i tentativi di “capire” il dolore si rivelano
sempre fallimentari, anche per i credenti.
Come Giobbe siamo chiamati a tacere di fronte all’immenso mistero del male,
sapendo che Dio condivide questo male e lo salva.
Non abbiamo bisogno di sapere le ragioni della sofferenza, abbiamo bisogno di non soffrire.
Marco dà del dolore una lettura nuova, profetica, sconcertante; il Signore Gesù
ci salva dal dolore perché possiamo metterci gli uni al servizio degli altri.
In un contesto di dolore e di fatica, spesso l’amicizia e l’affetto dei vicini
diventano sorgente di speranza.
Il senso della nostra vita, è quello d’imparare ad amare; in questo
neppure il dolore può annientarci.
Gesù porta su di sé il dolore del mondo, lo salva, lo redime, senza cancellarlo;
anche Dio fa l’esperienza del dolore.
La gente è stupita della predicazione di Gesù, ma anche della sua attività;
Egli consacra la sua vita all’amore, al dono di sé.
In tempi come i nostri, avari di gratuità, monetizzati e frenetici, ancora
stupisce l’attivismo del Nazareno che passa il suo tempo a predicare
la Parola e a porre gesti di salvezza.
Attenti, però; i miracoli di Gesù sono pochi e limitati, Gesù chiede ai guariti di tacere!
È il cosiddetto “segreto Messianico” in Marco, il fatto, cioè, che
Gesù non vuole troppa pubblicità intorno ai suoi miracoli.
Si sente, in questo, la cocente delusione di Pietro che, dopo avere
professato la messianicità di Cristo, si è trovato a rimangiarsi tutto di fronte alla Passione.
Gesù non ama l’eccessiva popolarità perché sa che nasconde un’euforia ingannevole.
Gesù preferisce il rapporto diretto, personale, schietto, che mette a nudo fatica e autenticità.
Come riesce Gesù a vivere sereno in questo delirio?
La preghiera è il segreto di Gesù; è il prolungato e notturno colloquio
col Padre che gli dona la forza di farsi carico di tutta la sofferenza che
lo circonda, di affrontare le incomprensioni e le fatiche della sua vita apostolica.
Anzi, più la situazione s’ingarbuglia, più la sua fama cresce, più gli impegni
si moltiplicano e più tempo Gesù dedica a questa preziosa attività.
Purtroppo, però (o per fortuna), nulla sappiamo della sua segreta preghiera
notturna, non un manuale, non un libretto di istruzioni.
E allora naufraghiamo, un po’ smarriti, un po’ amareggiati.
Intendiamoci, amici; chi ha una bella vita di preghiera smetta di leggere, non si turbi.
Ma chi, come me, fatica a pregare, perché si perde appena inizia a recitare una formula,
abbia la pazienza di leggere.
La preghiera non è una lista di richieste a Dio, la preghiera non è uno sforzo
che ci imponiamo al fine di dirci ancora discepoli, la preghiera non è
necessariamente legata al desiderio e alle voglie.
La preghiera, ci suggerisce Gesù, è un misterioso e intimo incontro
con l’assoluto di Dio, è il silenzio che invade il cuore e ci dona la
capacità di leggere la nostra vita e la storia.
All’inizio è difficile, certo; si ha l’impressione di parlare con un muro, ci si sente ridicoli.
Bisogna insistere, con umiltà, lasciare che la parola di Dio faccia breccia nei nostri
mille pensieri, riesca a perforare la scorza dell’abitudine e allora accade.
Accade, amici, promesso.
Accade che quel brano di Vangelo ascoltato mille volte canti nel cuore
e faccia sgorgare un fiume di lacrime.
Accade di non avere parole per esprimere lo scoraggiamento e di recitare
un salmo che affiora dal profondo della memoria.
Accade di udire la parola giusta al momento giusto; in una parola, la
preghiera diventa silenziosa presenza che riempie e motiva la vita.
All’inizio è un po’ difficile e faticoso, ma non scoraggiatevi; la preghiera
ha bisogno di un luogo, di un tempo, di una parola detta e
ricevuta, di una comunità in cui celebrarla.
Di un luogo, anzitutto; perché non prendere la bella abitudine,
in casa nostra, di ritagliare un luogo di deserto; la Bibbia, una candela,
un’icona possono bastare per fare di quella mensola una piccola cattedrale.
Un tempo; cinque minuti al giorno di orologio vissuti nel silenzio,
con la parola di Dio in mano, nel momento più opportuno secondo
la nostra disponibilità, (se volete sul mio blog ogni giorno trovate il brano
del Vangelo giornaliero con un piccolo commento).
Una parola detta; la mia giornata, il mio stato d’animo, il mio “grazie”,
l’importante è che sia autentica e rivolta al Padre che sa ciò di cui ho bisogno.
Una parola ricevuta; leggendo un salmo, la Parola ascoltata alla domenica,
un brano di vangelo--breve—da leggere due o tre volte invocando lo Spirito
e concludendo—sempre!—con la preghiera insegnataci dal Maestro e con
un’invocazione alla prima dei discepoli, Maria di Nazareth.
E se possibile, magari una volta l’anno partecipare ad un pellegrinaggio
di qualche giorno, per condividere con persone magari che
non conosci i tuoi sentimenti e la preghiera.
È possibile, amici, credetemi, la preghiera può cambiare la vita,
renderla più autentica e felice.
La preghiera può scaturire dal cuore quando meno te l’aspetti,
un Padre nostro per una persona che sta male o per ringraziare
per la giornata trascorsa o alla sera per affidare a Dio la nostra famiglia.
Il segreto della vita di Gesù è il suo intimo colloquio col Padre.
Perché non imitarlo?
Coraggio, amici, lasciamoci trasportare e saremo più sereni.
Santa Domenica a tutti voi da Fausto.

venerdì 3 febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 4 Febbraio 2012

Il Vangelo del Sabato 4 Febbraio 2012.
Ecco come diventiamo senza la Parola del Signore,
degli sbandati senza una meta a rincorrere chi può istruirci.

Dal Vangelo secondo Marco 6,30-34 anno B.
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a
Gesù e gli riferirono tutto quello che
avevano fatto e insegnato.
Ed Egli disse loro: “Venite in disparte,
in un luogo solitario, e riposatevi un po’”.
Era infatti molta la folla che andava e veniva
e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
Allora partirono sulla barca verso
un luogo solitario, in disparte.
Molti però li videro partire e capirono,
e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come
pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Parola del Signore.
Gesù comprende che per i suoi discepoli è importante stare con Lui,
per riposarsi e condividere le esperienze che essi hanno fatto.
I discepoli, anche se non ne sono ancora consapevoli, sperimentano
che il loro unico riposo è stare con Lui.
Questo te la dice lunga sul significato del tuo tempo libero e del tuo lavoro.
Riposarsi e ritemprarsi davvero è un fatto che puoi fare in pienezza
solo quando stai con Lui; se non c’è il Cristo accanto a te, anche se non
fai nulla dalla mattina alla sera, sarai sempre stanco e sfinito.
Dunque quando ti ritrovi in questa situazione devi ricordare le
parole che il Cristo ha rivolto anche a te: “Vieni a me, tu che
sei affaticato ed oppresso, ed io ti ristorerò”.
Impariamo a capire cosa ci faccia veramente bene e cosa no.
Quando siamo affaticati e oppressi, non perdiamoci d’animo,
ma andiamo incontro al Signore, Lui ci ristorerà con i suoi insegnamenti,
cominciamo allora a capire pregando.

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane
quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

giovedì 2 febbraio 2012

Il Vangelo del Venerdì 3 Febbraio 2012.

Quando ad una persona getti in faccia la verità,
aspettati delle sgradite sorprese, perché la verità
fa sempre male specialmente a chi è
colpevole di qualche nefandezza.

Dal Vangelo secondo Marco 6,14-29 anno B.
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù,
perché il suo nome era diventato famoso.
Si diceva: “Giovanni il Battista è risorto dai
morti e per questo ha il potere di fare prodigi”.
Altri invece dicevano: “È Elia”. Altri ancora dicevano:
“È un profeta, come uno dei profeti”.
Ma Erode, al sentirne parlare, diceva:
“Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!”.
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni
e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade,
moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata.
Giovanni infatti diceva a Erode:
“Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”.
Per questo Erodiade lo odiava e voleva farlo uccidere,
ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo
giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava
molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno,
fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte,
gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea.
Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali.
Allora il re disse alla fanciulla: “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò”.
E le giurò più volte: “Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò,
fosse anche la metà del mio regno”. Ella uscì e disse alla madre:
“Che cosa devo chiedere?”. Quella rispose: “La testa di Giovanni il Battista”.
E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo:
“Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista”.
Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali
non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò
che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò
in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla
fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre.
I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero,
ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Parola del Signore.
Erode cercava di bloccare la predicazione di Giovanni perché le sue
parole lo interpellavano, giudicavano i suoi comportamenti e pretendevano
da lui un cambiamento di vita. Il suo cuore man mano si indurì
e cadde vittima delle pretese omicide della figlia, istigata da Erodiade.
Erode volle essere più forte delle parole del Battista e
cercò di tacitarlo, lasciandolo infine uccidere. Ma non riuscì ad eliminare
la Parola. Gesù avrebbe portato a compimento la predicazione
del Battista, sì che davvero si poteva dire: «Quel Giovanni che
ho fatto decapitare è risuscitato».
La predicazione riprendeva il suo cammino per le strade del mondo
senza nessuna altra forza che se stessa.
Il Vangelo chiede solo di essere ascoltato e accolto nel cuore.
Noi possiamo ritenerci più forti della predicazione, come Erode,
priveremmo della luce noi stessi e gli altri.
L’evangelista viene a dirci che il Vangelo è più forte della forza
dei tanti Erode di questo mondo.
Ascoltiamo o leggiamolo il Vangelo, facciamoci umili e saremo
riempiti della luce di Cristo e per riuscirci meglio preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.

mercoledì 1 febbraio 2012

Il Vangelo del Giovadì 2 Febbraio 2012

È giusto che sia così, Dio si manifesta ai semplici,
come è successo a Simeone e Anna, non bisogna
essere colti per incontrare il Signore,
ma semplicemente umili e desiderosi di incontrarlo.
Presentazione del Signore.
Dal Vangelo secondo Luca 2,22-40.
Quando venne il tempo della purificazione secondo
la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono
il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto
nella Legge del Signore; ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore ,
e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi,
come prescrive la Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone,
uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele;
lo Spirito Santo che era su di lui, gli aveva preannunciato che non
avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.
Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi
portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,
lo prese in braccio e benedisse Dio:
“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola;
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a
tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina
e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perche siano
svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser.
Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in
cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni.
Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e
giorno con digiuni e preghiere.
Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava
del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore,
fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza,
e la grazia di Dio era sopra di lui. Parola del Signore.
Ciò che ci permette di vedere nella normalità la presenza di
Dio è dato dallo Spirito; Simeone ed Anna erano anziani e forse
attiravano poco l’attenzione degli altri, ma il loro sguardo era vigile,
ed entrambi attendevano il segno della redenzione di Israele.
Nella nostra vita viviamo e vediamo tante cose; ma in quante di
esse riusciamo a vedere lo straordinario della presenza di Dio?
Per vedere con il cuore serve preghiera e grande capacità di ascolto.
In questo senso, anche noi riusciremo a vedere le tracce del Signore
che viene a visitarci con la sua grazia, nel tempio del nostro cuore.
È lo Spirito che dona al nostro cuore la fedeltà a Gesù Cristo,
il quale ora come allora è strumento attraverso il quale si
manifesta ciò che veramente c’è nel cuore dell’uomo.

Per sentire la presenza del Signore, dobbiamo aprire
il cuore e per farlo meglio preghiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era in principio ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata.